3 casi in cui si può esercitare il diritto di ripensamento
Condizioni e previsioni di legge per il diritto di recesso
Ti è mai capitato di aver acquistato un oggetto ed essertene pentito poco dopo? In questi casi potresti esserti chiesto quali sono le ipotesi in cui si può esercitare il diritto di ripensamento.
Il cosiddetto diritto di ripensamento è la possibilità del solo consumatore – inteso come persona che agisce non come imprenditore commerciale, artigianale o professionale – di ritirarsi da un acquisto che ha contratto validamente, senza pagare alcuna penalità e senza fornire alcuna giustificazione al venditore.
Tale facoltà, però, non deve confondersi con la tutela che la legge conferisce al consumatore (ed in generale a qualsiasi contraente) di invalidare degli acquisti indotti con raggiri o estorti con violenza: in tale ultima ipotesi, il contratto può essere invalidato con tempistiche più lunghe e la tutela è più generale [1].
Esiste quindi la possibilità, riconosciuta dalla legge al consumatore, di esercitare il diritto di ripensamento sui propri acquisti.
Ma tale diritto è sempre esercitabile?
Il Codice del Consumo fornisce dei chiari requisiti: il ripensamento è esercitabile dal consumatore nei contratti conclusi a distanza, tipici per esempio quelli effettuati tramite internet o tutto l’e-commerce (come gli acquisti effettuati tramite Amazon o altre piattaforme) o negoziati fuori dai locali commerciali (come gli acquisti porta a porta o quelli effettuate in occasione di fiere) tra un professionista [2] e un consumatore.
Esiste un termine generale di recesso, che è stabilito in via generale in 14 giorni, elevato a 30 (dallo scorso aprile 2023) per gli acquisti cosiddetti porta a porta (door to door) [3].
Diverso però è il momento dal quale tale termine decorre.
Esaminiamo le ipotesi partitamente.
I contratti a distanza
Per contratto a distanza si intende un contratto, avente per oggetto la vendita di beni o servizi, la cui conclusione avviene con qualunque mezzo utile quale il telefono, la posta elettronica o il catalogo e, dunque, senza la presenza fisica e simultanea del professionista e del consumatore.
Quindi tutti i contratti di telefonia, di somministrazione di energie, ma anche di semplice vendita di un bene inserito in un catalogo, sono assoggettati al diritto di ripensamento.
In tale ipotesi il momento a partire dal quale è esercitabile il diritto di ripensamento è quello della conclusione del contratto se si tratta di servizi, mentre dalla consegna del bene se si tratta dell’acquisto di un oggetto.
Riguardo l’acquisto di un bene, anche qui bisognerà distinguere tra:
- acquisto di diversi beni con un solo ordine, ed allora il termine decorrerà dalla consegna dell’ultimo;
- acquisto di beni forniti periodicamente, il termine decorrerà dalla consegna del primo.
Per comunicare al venditore la decisione di recedere, il consumatore potrà utilizzare il modulo tipo di recesso consegnatogli dallo stesso venditore oppure presentare una qualsiasi altra dichiarazione esplicita.
Non occorrono dichiarazioni formali, ma basta una dichiarazione che chiarisca in modo inequivocabile la propria intenzione di recedere dal contratto.
La forma utilizzabile può essere questa:
A mezzo della presente, io sottoscritto _____ , nato a _____ , residente in _____ Via _____ n. ___ , C.F. _____ , intendo formalmente recedere dal contratto _____ con Voi stipulato in data _____ , avente ad oggetto _____ , ritenendomi pertanto definitivamente libero da qualsiasi obbligo contrattuale nei Vostri confronti.
Chiedo inoltre la restituzione, entro 30 giorni dal ricevimento della presente, del pagamento effettuato in esecuzione del suddetto contratto, impegnandomi a riconsegnare la merce ricevuta, a mezzo _________.
Dal momento che l’onere di provare di aver esercitato il diritto di ripensamento nei termini di legge incombe sul consumatore, è sconsigliabile una semplice comunicazione telefonica, che non lascia traccia.
Se proprio si volesse far ricorso a tale forma, è opportuno confermarla a mezzo raccomandata AR, fax o mail / pec (preferendo quest’ultima, che da conferma di ricezione ed accettazione, equivalendo in tutto e per tutto ad una raccomandata AR).
È prevista una sanzione per il professionista (sempre nella nozione del Codice del Consumo) non abbia fornito al consumatore le informazioni sul diritto di recesso: il termine in questo caso si estende da 14 giorni a 12 mesi. Se il professionista fornisce queste informazioni entro 12 mesi dalla conclusione del contratto, il periodo di recesso termina 14 giorni dopo il giorno in cui il consumatore riceve le informazioni.
Se il consumatore recede dal contratto è obbligato a restituire all’operatore commerciale i beni ricevuti senza indebito ritardo e in ogni caso entro 14 giorni dalla comunicazione del recesso. È il consumatore a dovere sostenere i costi diretti della restituzione, a meno che il professionista abbia offerto di ritirare egli stesso i beni o abbia omesso di informare il consumatore che questi sono a carico del consumatore.
E vi sarà tenuto, quindi, per gli acquisti in cui è prevista la consegna di un bene e non in quelli visti, di fornitura di servizi.
Il professionista deve rimborsare al consumatore tutti i pagamenti ricevuti senza indebito ritardo e comunque entro 14 giorni dal giorno in cui è stato informato del recesso. Per il rimborso il professionista utilizza lo stesso mezzo di pagamento usato dal consumatore, salvo che il consumatore abbia acconsentito ad un altro mezzo di pagamento (in ogni caso il consumatore non deve sostenere alcun costo). Va ricordato che il professionista può trattenere il rimborso finché non abbia ricevuto i beni (o il consumatore abbia dimostrato di averli spediti).
Il contratto negoziato fuori dai locali commerciali
Per contratto negoziato fuori dai locali commerciali si intende, invece, qualsiasi contratto tra il professionista e il consumatore che si è concluso nel contesto di visite non richieste di un professionista presso l’abitazione di un consumatore oppure di escursioni organizzate da un professionista con lo scopo o con l’effetto di promuovere o vendere prodotti ai consumatori.
Rientrano in questa categoria tutti quei contratti cosiddetti “porta a porta”, quelli stipulati all’aperto (su appositi banchi o anche fermando il consumatore per strada), o presso alberghi e fiere.
Anche qui le modalità per esercitare il ripensamento saranno identiche, ma diverso sarà il termine di decorrenza per esercitare il diritto di ripensamento [4]: 30 giorni dalla conclusione del contratto o dalla consegna del bene.
Dette tipologie di contratto conoscono una sola eccezione: quando il corrispettivo che il consumatore deve pagare è inferiore a 50 euro (sono i cosiddetti contratti di modesta entità).
Ma esiste l’eccezione dell’eccezione: se tra consumatore e professionista intercorrano più contratti stipulati contestualmente, qualora l’entità del corrispettivo globale che il consumatore deve pagare, indipendentemente dall’importo dei singoli contratti, superi l’importo di 50 euro, anche in tale caso il ripensamento sarà esercitabile.
Il contratto concluso nei locali commerciali
Per contratto concluso nei locali commerciali si intende quel contratto, appunto, concluso in un locale commerciale ossia qualsiasi immobile adibito alla vendita al dettaglio in cui il professionista esercita la sua attività su base permanente oppure a carattere abituale.
Abbiamo detto che il diritto di ripensamento può essere esercitato solo per contratti conclusi a distanza o negoziati fuori dai locali commerciali; pertanto non potrà essere esercitato nel caso di acquisti effettuati in negozio.
Tuttavia, anche il consumatore che acquista in un negozio potrà restituire il prodotto acquistato, nell’ipotesi di prodotti difettosi o danneggiati. Il difetto andrà denunciato al venditore entro due mesi da quando il consumatore si accorge del difetto e comunque non oltre due anni. Qualora tale acquisto sia stato concluso da un professionista e non da un consumatore, la denuncia del vizio andrà fatta entro otto giorni. L’acquirente potrà richiedere, a sua scelta, o la riparazione o la sostituzione del prodotto.
Quindi, a ben vedere, non si tratta in tal caso di un vero e proprio diritto di ripensamento, in quanto il motivo del recesso è subordinato al fatto che il prodotto sia difettoso, ma negli effetti l’ipotesi è simile alle precedenti.
Quando non si può esercitare il diritto di ripensamento
È opportuno elencare tutte quelle ipotesi nelle quali il diritto di ripensamento non è spendibile [5].
- i beni confezionati su misura o personalizzati: un abito su misura, una maglietta o una camicia con le proprie iniziali o un braccialetto col proprio nome, sono tutti esempi rientranti in questa categoria. La ragione per cui il ripensamento non è spendibile è facilmente intuibile: qualora si sia richiesto un prodotto personalizzato o su misura, non è possibile tirarsi indietro, visto che il prodotto è stato richiesto appositamente dal consumatore e, per le caratteristiche presenti sul prodotto, la commerciabilità è limitata.
- I beni che rischiano di deteriorarsi o scadere rapidamente, come i prodotti alimentari: la ragione del diniego del ripensamento è dettata dal fatto che i tempi di restituzione potrebbero inficiarne l’utilità e l’esistenza stessa.
Del pari è negato il ripensamento nel caso di beni sigillati che non si prestano ad essere restituiti per motivi igienici e aperti dopo la consegna.
- Non è previsto ripensamento nella fornitura di alloggi per fini non residenziali, nel trasporto di beni, nei servizi di noleggio di autovetture, nei servizi di catering o nei servizi riguardanti le attività del tempo libero qualora il contratto preveda una data o un periodo di esecuzione specifici.
- Non è infine ammesso il ripensamento nella fornitura di beni o servizi il cui prezzo è legato a fluttuazioni nel mercato finanziario che il professionista non è in grado di controllare e che possono verificarsi durante il periodo di recesso.
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