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Perché il futuro delle ferrovie italiane non è a idrogeno

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(@chiara-comai)
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«Basta fili elettrici», «Rivoluzione sui binari», «Innovazione storica», sono alcuni tra i titoli con cui i giornali hanno annunciato la presentazione del primo treno a idrogeno d’Italia, che coprirà la tratta Brescia-Iseo-Edolo. Il progetto, chiamato «Hydrogen Valley», convertirà la val Camonica a questa tecnologia intorno alla fine del 2024. Si tratta di un passo avanti innovativo che però non rivoluzionerà il sistema ferroviario italiano. Anzi. Con ogni probabilità i treni a idrogeno saranno una peculiarità di quella valle, un unicum pressoché irreplicabile nel resto d’Italia.

Questo sistema ha bisogno di condizioni molto specifiche per funzionare. È come un jenga, il famoso gioco da tavolo in cui ogni giocatore deve sottrarre un blocco di legno dalla torre per poi riposizionarlo in cima. In sostanza, serve un equilibrio perfetto tra caratteristiche del territorio, condizioni ambientali e domanda di trasporto. Tolto un pezzo, cade tutto. E i limiti sono tali per cui, secondo Alessandro Vacca, direttore della rivista specializzata iTreni, «l’idrogeno nelle reti ferroviarie non apporterà nessun significativo miglioramento della qualità dell’aria».

Elettrico vs idrogeno
In termini di emissioni di gas climalteranti, entrambi hanno (o dovrebbero avere) un impatto ridotto. Non ci sono grosse differenze, perché l’idrogeno ha il compito di scatenare una reazione chimica a bordo del treno in modo da generare energia elettrica: stesso risultato, processo differente. Entrambi poi, l’elettricità e l’idrogeno, possono essere inquinanti nel modo in cui vengono prodotti: per questo ai fini del nostro ragionamento assumiamo il dato di impatto zero come punto di partenza per tutti e due i casi.

A parità di emissioni, le linee elettrificate sono di gran lunga le favorite. Garantiscono migliori prestazioni in termini di velocità, comfort e qualità del viaggio e dunque sono da preferire rispetto a qualunque altra soluzione. Tranne quando il transito dei passeggeri è basso, dove i contributi dei viaggiatori non compensano i costi di manutenzione. Siccome elettrificare una linea ferroviaria costa circa un milione e mezzo di euro al chilometro, si tratta di un investimento che viene messo a reddito solo su tratte a traffico costante. A oggi il settanta per cento della rete italiana è elettrificata, un dato che arriverà al settantotto per cento quando saranno terminati gli interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).

Anche dove le linee non sono elettrificate, l’idrogeno non è un’opzione
Dove non arriva l’elettrico viene utilizzato il diesel, che oggi ha standard di inquinamento molto più bassi del passato. «Lo strumento c’è già: sono le locomotive ibride» spiega Alessandro Vacca. Dal punto di vista economico, i treni ibridi sono già immessi nel mercato e dunque «per definizione costano circa trenta-quaranta per cento in meno rispetto a una tipologia di locomotive sperimentale – spiega Vacca –. Gli ibridi sono pronti, ce ne sono tanti e funzionano bene».

In più, gli ibridi sono già stati ampiamente utilizzati e non hanno problemi nell’esercizio sul campo – come invece è accaduto in Germania con quelli a idrogeno, dove i primi sei treni consegnati l’anno scorso si sono rivelati tutti difettosi e solo due di questi sono entrati in servizio, probabilmente a causa della poca pratica sui binari.

C’è poi un problema di percorribilità delle tratte. L’idrogeno non riesce a raggiungere potenze troppo alte. Per esempio, il tragitto Torino-Milano viene percorso con gli ibridi o con i treni a diesel perché è elettrificato solo il primo pezzo (Torino-Chivasso). L’idrogeno non potrebbe essere un’alternativa perché va bene per i treni con potenze sotto un megawatt, mentre quella tratta ha bisogno di almeno tre megawatt. «Per questa tratta sarà sempre più vantaggioso l’elettrico e l’idrogeno non potrebbe sviluppare le potenze e le velocità che questa linea richiede», dice ancora Vacca.

Calcoli alla mano
Come riporta portale specializzato Qualenergia.it, il piano di investimento della val Camonica (Iseo) ammonta a 271,2 milioni di euro complessivi. Sono circa 2,5 milioni di euro per chilometro. Eppure, l’elettrificazione di tutta la linea costerebbe non più di sessanta milioni di euro, secondo quanto riportato da Transport & Environment e Legambiente in un recente rapporto, ossia circa quattro o cinque volte meno rispetto all’idrogeno.

Includendo l’acquisto di treni elettrici nuovi e moderni e la messa in sicurezza delle gallerie (necessaria anche per i treni a idrogeno), la cifra salirebbe a non più di due milioni di euro a chilometro, cioè il venti per cento meno della conversione a idrogeno, secondo una stima di Trenitalia sull’elettrificazione e l’ammodernamento entro i prossimi cinque anni di seicentosettanta chilometri di linee, dotate anche di locomotori nuovi.

Rimarrebbero risorse da utilizzare in caso di linee caratterizzate da un elevato numero di gallerie, che necessitassero di maggiori lavori ambientali e di sagomatura. Senza contare i costi di manutenzione e riparazione delle motrici elettriche a idrogeno, calcolati fino al trentacinque per cento in più di quelli delle motrici a batteria.

L’idrogeno, il jenga dei treni
Attualmente, convertire una tratta di treni a idrogeno è poco conveniente. Lo scenario cambia in positivo se l’investimento risulta più ampio e riguarda anche altri ambiti oltre a quello ferroviario, come nel caso della Hydrogen Valley dell’Iseo, che nel progetto comprende anche l’inserimento di quaranta autobus a idrogeno. Trovare il modo di produrre idrogeno non è semplice e soprattutto è molto dispendioso, a meno di grossi investimenti come il Pnrr (come per la Hydrogen Valley).

Per questo motivo, per quanto riguarda le reti ferroviarie, i casi sono isolati. Oltre alla val Camonica, si stanno muovendo per l’acquisto di treni a idrogeno la Sardegna, la Calabria e la Sicilia, tutti scenari che prevedono treni a scartamento ridotto (cioè reti di misura inferiore all’ordinario). C’è anche un progetto che riguarda la Puglia, anche qui tramite fondi Pnrr per sperimentazione.

Ciò che emerge è che oggi l’idrogeno può essere preso in considerazione solo per tratte minori a basso traffico e «si può escludere categoricamente che sia valido su tratte molto frequentate e in sostituzione della già presente linea a trazione elettrica», conclude Vacca.

 
Pubblicato : 20 Ottobre 2023 04:45