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Pechino alza i toni sulla sovranità di Taipei e lancia liste di proscrizione contro i «secessionisti»

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(@linkiesta)
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Le autorità di Pechino hanno lanciato un appello alla popolazione affinché fornisca informazioni su presunte «attività criminali» dei molti che si oppongono all’ipotesi di una possibile azione che ribadisca il diritto della Repubblica Popolare a riprendere Formosa.

In un contesto di crescente tensione politica e di propaganda pressante nei confronti di Taiwan, gli addetti del Ministero di Pubblica Sicurezza stanno rilasciando nuovi siti web contenenti liste di proscrizione, nelle quali, segnalati come criminali ricercati, ci sono i dieci funzionari taiwanesi presenti nel governo attuale di Taipei o in quello precedente.

Gli oppositori sono descritti come persone della massima pericolosità e le autorità cinesi hanno pubblicato un indirizzo mail al quale si raccomandano di inviare più informazioni possibili. L’obiettivo è spingere i cittadini taiwanesi a collaborare con la Cina, segnalando «crimini», (ma anche soltanto informazioni indiziarie) commessi dalle persone presenti nella lista.

Il Partito Comunista Cinese al potere sostiene che Taiwan sia una provincia della Cina e da tempo minaccia di riunire il territorio con la «madre patria», anche ricorrendo alla forza, se necessario. Ma Taiwan è di fatto una democrazia e il governo da poco eletto è sostenuto da un’ampia maggioranza della popolazione che respinge categoricamente l’idea di un eventuale ricongiungimento, anche camuffato da ipotetici accordi capestro. La sensazione è quindi che i taiwanesi si stiano abituando alla possibilità di un conflitto armato a medio termine. Un’ipotesi che è costantemente monitorata dai principali leader occidentali che però non hanno ancora applicato iniziative di vera deterrenza nei confronti della potenza asiatica, anche perché la piena sovranità del paese non è, secondo il diritto internazionale, riconosciuta dai membri permanenti delle Nazioni Unite. 

Forte anche di questa zona grigia, Pechino alza i toni. E a spiegare la call to action è l’organo quotidiano statale cinese, Global Times, secondo il quale la pubblicazione dei nomi è servita: «Si tratta sia di un deterrente, sia di messaggio chiaro che le misure di giustizia penale non prenderanno di mira la maggioranza dei compatrioti di Taiwan, ma sono riservate a un piccolo numero di estremisti che fanno propaganda e incitano alla secessione». 

I nomi, sui quali il governo cinese si accanisce dal 2021 includono il vicepresidente di Taiwan, Hsiao Bi-khim, l’ex ministro degli Esteri e ora capo del Consiglio di sicurezza di Taiwan, Joseph Wu, il vice di Wu, Lin Fei-fan, oltre ad alti funzionari del Partito Democratico Progressista che è attualmente al governo. 

Il nuovo sito, online da pochi giorni è spia di un’escalation da parte di Pechino contro Taiwan, dove coloro che sostengono che il paese non è e non sarà mai parte della Repubblica Popolare Cinese si stanno facendo sentire. I media cinesi appoggiano ovviamente la tesi che il diritto della Cina su Taipei è suggellato da documenti legali controfirmati e da dichiarazioni governative. E tramite il nuovo sito tutti questi atti sarebbero visibili con la massima trasparenza. «Sono di fatto il fondamento legale per ogni azione che la Cina intraprenderà contro la provincia in questione», Sun Ping, funzionario del Ministero della pubblica sicurezza è perentorio e ai giornalisti ha detto che «La spada affilata del diritto è sguainata». Ai secessionisti, in effetti i tribunali cinesi saranno tenuti ad applicare la pena di morte.

Taiwan ha smentito ogni affermazione dei cinesi e ha precisato che quelle leggi non possono avere alcun impatto su Taiwan, che ha un proprio governo, un proprio sistema giuridico, una propria valuta e un proprio esercito. I leader al governo si sono subito attivati per rassicurare la popolazione incoraggiando i propri cittadini a sentirsi protetti e a non lasciarsi intimidire dal Partito comunista cinese.

 
Pubblicato : 9 Agosto 2024 04:50
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