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L’Italia alla Cop28 e la dubbia provenienza dei cento milioni annunciati da Meloni

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(@fabrizio-fasanella)
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Majlis è un termine arabo che indica un salotto in cui ci si riunisce per confrontarsi, discutere e giungere collettivamente a un accordo. Viene usato in diversi Stati – dagli Emirati Arabi Uniti all’Iran, passando per l’Egitto, il Marocco e tanti altri – per indicare il parlamento o i suoi singoli rami. E alla Cop28 di Dubai è stato cavalcato dal presidente Sultan Al Jaber, che è anche il Ceo dell’azienda petrolifera statale degli Emirati Arabi Uniti (Abu Dhabi National Oil Company, Adnoc), per etichettare un’assemblea inedita per le conferenze sul clima. 

Il 10 dicembre, per la prima volta, i ministri dei Paesi presenti si sono riuniti in cerchio in una delle sale più spaziose dell’Expo Dubai City. Al centro, in piedi e con il microfono in mano, Al Jaber a coordinare l’assemblea. Tutti gli Stati europei hanno inviato un ministro o una ministra, da Teresa Ribera per la Spagna ad Annalena Baerbock per la Germania. Tutti tranne l’Italia, rappresentata invece dalla viceministra dell’Ambiente Vannia Gava.

«Se il governo ha una linea da rappresentare, che sia presente il ministro o il viceministro non fa differenza. Il meeting di domenica, però, era di alto livello, e la nostra viceministra era circondata da ministri di altri Paesi. Quindi sì, eravamo un po’ più sguarniti», spiega a Linkiesta Jacopo Bencini, policy advisor di Italian climate network (Icn), presente a Dubai in questi giorni così concitati. 

Ufficialmente, la chiusura delle trattative era fissata per le 8 italiane di oggi, martedì 12 dicembre, ma i negoziati proseguiranno fino al raggiungimento di un accordo finale: «Non escludo che su alcuni temi importanti qualcuno possa invocare la “regola 16”, che permette di rimandare un argomento alla Cop successiva», aggiunge Bencini. Nell’ultima bozza del testo finale, pubblicata nel pomeriggio di lunedì 11 dicembre, è stato cancellato il riferimento esplicito al phase-out (eliminazione graduale) di tutte le fonti fossili, includendo solo una riduzione graduale del carbone (phasing down unabated coal); nel documento, inoltre, non si parla di obiettivi al 2030, ma di una riduzione del consumo e della produzione di fonti fossili per raggiungere il net zero «entro, prima o intorno al 2050». Un segnale sconfortante che potrebbe prolungare ulteriormente le trattative: Wopke Hoekstra, commissario europeo per l’Azione per il clima, ha detto di aver preso il biglietto aereo di ritorno per venerdì. 

Tornando all’Italia, il majlis di domenica conferma l’irrilevanza di Gilberto Pichetto Fratin all’interno dei negoziati sul clima che contano per davvero. Commercialista, ex insegnante di ragioneria ed ex viceministro dello Sviluppo economico, il ministro in quota Forza Italia mastica poco l’inglese e ha un curriculum di fatto privo di esperienze sui temi climatici e ambientali. Una lacuna che incide negativamente sulla reputazione italiana nei grandi eventi dedicati alla lotta al riscaldamento globale. 

La sua assenza all’assemblea convocata da Al Jaber, però, racconta solo una parte della storia dell’Italia alla Cop28. Il nostro Paese fa parte della delegazione europea – la più ambiziosa tra i grandi blocchi di potenze – ed è allineato alla posizione negoziale di Bruxelles. Fresco di insediamento, alla Cop27 del 2022 il governo Meloni aveva di fatto copiato l’agenda Draghi, mentre a Dubai – nel bene e nel male – sta mostrando un po’ più di identità. Un’identità che sta in parte oscurando le abilità dei nostri tecnici di prestigio, spesso con le mani legate per via della linea dettata da Roma. 

«Il ministro Pichetto Fratin rimane un politico navigato, che sa come portare avanti le sue priorità sulla scia di una lunga esperienza. Poi a Dubai abbiamo Federica Fricano, capo delegazione italiana alla Cop28, che è probabilmente la persona in Italia con più esperienza nei negoziati sul clima; è una figura tecnica che porta grande solidità negoziale, ma non può spostare i negoziati a livello politico. Francesco Corvaro, l’inviato speciale per il Clima, è uno scienziato prestato ai negoziati. L’ambasciatore Modiano, che alla Cop27 ricopriva l’attuale ruolo di Corvaro, aveva assunto un ruolo di leadership, soprattutto in assenza del ministro. Quest’anno non è successo con Corvaro», dice Jacopo Bencini. 

Al netto di ciò, la presenza dell’Italia alla Cop28 verrà ricordata grazie all’annuncio (inatteso) di Meloni sui cento milioni per il Loss and damage, il nuovo fondo per “risarcire” i Paesi più poveri e vulnerabili alle conseguenze dell’emergenza climatica. Assieme a Francia, Germania ed Emirati Arabi Uniti, l’Italia si è rivelato lo Stato più generoso. 

Come racconta Bencini, «nella settimana prima della Cop28 alla Camera sono stati discussi tre diversi testi – Movimento 5 Stelle, Partito democratico e maggioranza – che chiedevano al governo di impegnarsi sul nuovo fondo Loss and damage. Solo il testo del Pd citava esplicitamente i cento milioni. Alla fine è passato il testo della maggioranza, che non citava alcuna cifra, ma la presidente Meloni è volata a Dubai e ha annunciato i cento milioni. Noi ci siamo fatti un’idea: il negoziato “sotterraneo” dietro questo annuncio risale a prima delle risoluzioni parlamentari, quindi probabilmente i capigruppo di maggioranza lo sapevano». 

L’ufficialità è arrivata quasi due mesi dopo la firma di un accordo sullo sfruttamento di due nuovi giacimenti di gas naturale negli Emirati Arabi Uniti. Il progetto coinvolge Saipem (società energetica del gruppo Eni) e Maire Tecnimont (gruppo societario italiano specializzato in chimica verde e idrocarburi) e vale tredici miliardi di dollari. Adnoc di Al Jaber, si legge nel comunicato della Farnesina, «detiene la quota di maggioranza (cinquantacinque per cento) della concessione del giacimento, alla quale partecipa anche Eni con il venticinque per cento». 

«Il nostro Paese fa affari nel fossile per tredici miliardi di euro e poi si pone come primo donatore sul fondo Loss and damage con cento milioni. Sono cifre che provengono da due campionati diversi», sostiene Bencini. Va inoltre sottolineato che Eni, nel 2019, ha acquisito dall’azienda petrolifera emiratina Adnoc, di cui il presidente di Cop28 Al Jaber è Ceo, il venti per cento di Adnoc Refining. Per l’Italia, quindi, l’attuale conferenza sul clima potrebbe anche essere un’occasione per limare e consolidare il suo rapporto con un partner strategico.

L’altra grande questione attorno ai cento milioni promessi da Meloni riguarda la loro provenienza: «La fonte di finanziamento non è stata detta e non è affatto chiara», spiega Jacopo Bencini. Intervistato da Alberto Giuffrè di SkyTg24, il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin ha risposto in modo vago a una domanda molto specifica, dicendo che «i fondi arriveranno anche dal Piano Mattei» e che fanno «parte del ragionamento del Piano Mattei». 

«Mi domando – dice Bencini – se questi cento milioni non siano risorse prese dal Fondo italiano per il clima». Quest’ultimo prevede una dotazione di ottocentoquaranta milioni di euro annui dal 2022 al 2026 (e di quaranta milioni di euro l’anno dal 2027 in poi) da destinare a Paesi emergenti e in via di sviluppo. Se così fosse, aggiunge l’esperto, «non sarebbe finanza nuova e addizionale, ma il riciclaggio di una promessa fatta in precedenza». 

A questo punto, la palla di neve dei dubbi sull’operato del Mase diventa una valanga, perché nessuno ha più notizie del Fondo italiano per il clima: «Non si sa più niente dal 13 luglio, giorno in cui si è insediato il comitato interministeriale. Per un attimo sembrava venisse interamente messo dentro il Piano Mattei, quindi con uno spostamento di competenze tra ministero dell’Ambiente e Farnesina. Poi è improvvisamente uscito dal Piano Mattei, che infatti nella finanziaria di quest’anno non è trattato. Che fine ha fatto questo fondo che doveva partire dal 2022? È una domanda a cui non riesco a trovare risposta. Per me è stato difficile reperire informazioni a livello dei ministeri coinvolti», conclude Bencini. 

 
Pubblicato : 12 Dicembre 2023 05:45
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