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L’alba della transizione ecologica polacca

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(@fabio-turco)
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Le elezioni del 15 ottobre hanno portato in dote un cambiamento radicale nella politica polacca. Dopo otto anni di governo conservatore marcatamente populista e sovranista, la Polonia ha scelto di imboccare la strada europeista. Nell’attesa della formazione di un nuovo governo – ci potrebbe volere un po’ – si possono già prefigurare quali saranno i dossier su cui dovrà lavorare la nuova maggioranza. Oltre a quelli dei diritti civili, della riforma della giustizia e della tv pubblica, ce n’è un altro di primaria importanza: quello della transizione energetica ed ecologica. 

In questi anni il governo di Diritto e Giustizia ha cominciato a muoversi in questa direzione, più per necessità che per convinzione. Con molta fatica è stato raggiunto l’accordo per la neutralità climatica entro la fine del 2049, ed è stato istituito un piano energetico che prevede la creazione di un mix basato su nucleare, rinnovabili e carbone. Nel 2019 la Polonia era il quinto Paese dell’Unione europea (ai tempi si conteggiava anche il Regno Unito) per emissioni di gas climalteranti. 

L’invasione russa dell’Ucraina con la conseguente crisi energetica hanno però ritardato e costretto a delle modifiche di questo piano, ad esempio tagliando i legami energetici con Mosca e accelerando sulle importazione di Gnl o sui progetti legati all’atomo. Ora però serve un cambio di passo, e il piano presentato dalle opposizioni in campagna elettorale sembra cogliere questa urgenza. 

Tra i cento punti presentati nel programma di Coalizione civica c’è la riduzione del settantacinque per cento delle emissioni di CO2 entro il 2030, un piano ben più ambizioso di quello del governo uscente, con l’accelerazione dello sviluppo di fonti energetiche a basse emissioni come le rinnovabili e il nucleare. 

Puntare sulle rinnovabili
Per quanto riguarda le prime, il partito di Tusk punta a triplicare la capacità installate di energia eolica e a quintuplicare quella dell’energia fotovoltaica entro il 2030. In questo modo, la quota di energia verde nel mix energetico passerebbe dall’attuale venti per cento oggi al sessantotto per cento.  

Per il raggiungimento dell’obiettivo sia Coalizione Civica, sia la sinistra di Lewica intendono ridurre la distanza minima tra turbine e abitazioni a cinquecento metri (oggi sono settecento), stimolando in questo modo gli investimenti. È previsto che le comunità locali ricevano il cinque per cento dei ricavi derivanti dalla vendita di energia. Allo stesso modo si vuole introdurre norme più favorevoli alla conciliazione della produzione energetica per i prosumer e bollette elettriche più basse per chi investe nel fotovoltaico. 

L’aspetto economico riguarda anche la creazione di settecento comunità energetiche locali che genereranno propria elettricità a un prezzo inferiore, e la riduzione di costi di gestione delle aziende agricole con sostegno agli investimenti in impianti di biogas, parchi fotovoltaici e pompe di calore. Sempre all’interno della coalizione, per i centristi di Terza via «ci si aspetta che le persone, gli imprenditori e i comuni traggano profitto dall’energia verde». L’idea è che se un investitore costruisce un parco eolico o fotovoltaico in un certo comune, anche gli abitanti di quel comune paghino bollette elettriche più basse. Il programma di Lewica parla anche dello sviluppo degli impianti di stoccaggio e di distribuzione dell’energia.

Nucleare confermato
Non ci sono opposizioni di sorta alla via verso il nucleare tracciata dal governo uscente. Qualche settimana fa, Tusk ha dichiarato: «Scommettiamo sull’energia nucleare. L’energia non ha colore ideologico, non è e non deve essere di parte. Allo stesso modo in cui non dovrebbero essere di parte la strategia di difesa e l’assistenza sanitaria. Tutto ciò che serve al popolo può continuare a esistere pacificamente». Il leader di Ko ha comunque puntualizzato che verranno riviste tutte le decisioni preliminari prese dal ministro dei Beni statali Jacek Sasin, perché a sua detta, «ci sarebbe motivo di diffidare della qualità di tali decisioni». 

Allo stato attuale, il piano polacco per l’energia atomica prevede la realizzazione di due centrali nucleari tradizionali. Il progetto della prima, con inizio dei lavori nel 2026 ed entrata in servizio nel 2033, è stato affidato al consorzio americano Westinghouse – Bechtel. Sorgerà nel comune di Lubiatowo – Kopalino nella costa baltica.

Non è stata ancora definita la data per la costruzione della seconda (forse verrà realizzata entro il 2043), che dovrebbe sorgere nella Polonia centrale e per cui esiste un memorandum d’intesa con la coreana Korea Hydro & Nuclear Power Co. 

Oltre alle centrali tradizionali c’è l’intenzione di sostenere con leggi ad hoc lo sviluppo dei mini reattori modulari Smr dalla potenza limitata a trecento megawatt. Coalizione civica vuole anche avviare colloqui sul modello di finanziamento dei progetti con i fornitori di tecnologia e la Commissione europea.

Le fonti fossili
La questione del carbone in Polonia è delicata, e Tusk lo sa bene, a maggior ragione in una fase storica in cui le miniere si avviano alla chiusura e in un Paese in cui questo comparto rappresenta da sempre un grande bacino di voti. Otto anni fa, buona parte della vittoria elettorale di Diritto e giustizia arrivò proprio cavalcando le proteste di un settore che era in grande crisi e non riusciva a ottenere da Piattaforma Civica le risposte che voleva. 

Per questo motivo, pochi giorni prima delle elezioni, Tusk si è presentato in Slesia, regione mineraria per eccellenza, dichiarando che l’economia polacca poggerà ancora sul carbone ma in chiave moderna. Il nuovo governo polacco intende puntare sull’estrazione di carbone nazionale investendo in nuove tecnologie per limitare le emissioni di CO2. Le centrali più vecchie e inquinanti dovrebbero essere dismesse, ma Coalizione civica sta valutando l’ammodernamento delle unità con capacità di duecento megawatt. 

La Slesia dovrebbe inoltre diventare il simbolo della trasformazione dall’energia a carbone a quella da fonti rinnovabili. Nella sua città principale, Katowice, dovrebbe sorgere il ministero dell’Industria, che nei piani di Tusk condurrà e supervisionerà il monitoraggio dei progetti legati alla trasformazione energetica, allo sviluppo dell’industria locale e alla politica regionale. 

Per quanto riguarda il gas, invece, il governo uscente ha investito molto con la realizzazione del Baltic pipe e i lavori della piattaforma di rigassificazione di Danzica. L’impressione è che ulteriori investimenti verranno realizzati solo in caso di stretta e comprovata necessità. Per il momento sembra che si andrà più verso un approccio conservativo per contenere i prezzi delle bollette. L’intenzione, per il prossimo anno, è quella di congelare i prezzi del gas per le famiglie e i soggetti sensibili a livello del 2023. 

Fondi europei prima di tutto
Prima di fare tutto questo, il nuovo governo polacco dovrà riuscire a sbloccare i 35,4 miliardi di euro del Recovery fund, che la Commissione europea tiene ancora bloccati per la questione dello stato di diritto. Per potervi accedere il governo polacco dovrà attuare una serie di riforme per ripristinare l’indipendenza della magistratura. Accedere a questi soldi è fondamentale: il 42,8 per cento è destinato proprio alla trasformazione energetica. 

Il piano è stato approvato dal governo precedente, ma si tratta di opere fondamentali da mettere in atto come il riammodernamento della rete elettrica e la creazione di nuovi allacci idrici, l’efficientamento energetico delle abitazioni e la sostituzione di fonti di calore più moderne e meno impattanti, la costruzione di parchi eolici offshore per una capacità totale di millecinquecento megawatt.

Il ripristino dello stato di diritto sarà inoltre fondamentale per accedere anche ai fondi di coesione. La trasformazione energetica richiede soldi, il tempo rimasto è poco. E la Polonia non può più aspettare. 

 
Pubblicato : 23 Ottobre 2023 04:45