La sottile ma decisiva differenza tra ecocidio e reato ambientale
Per la prima ministra d’Islanda Katrín Jakobsdóttir è «solo questione di tempo» prima che diventi il tema più importante nell’arena dei diritti umani. Di certo negli ultimissimi anni è tornato all’ordine del giorno con un’urgenza che non ha mai avuto in passato. Persino Papa Francesco lo ha definito un peccato, oltre che un crimine. Parliamo dell’ecocidio, cioè della distruzione consapevole, parziale o totale, di un ambiente naturale. Alcuni Paesi del mondo, pochissimi, hanno già previsto delle leggi per renderlo un reato. Altri, ed è un numero crescente, stanno cominciando a lavorare per lo stesso risultato, o almeno a parlarne. Il caso più recente è il Messico.
A fine luglio la deputata Karina Marlen Barrón Perales del Partido revolucionario institucional ha proposto di aggiungere un nuovo articolo al Codice penale federale messicano per punire con il carcere (dai dieci ai quindici anni) e una multa (da mille a millecinquecento pesos al giorno) chiunque sia ritenuto colpevole di «qualsiasi atto illegale o ingiustificato commesso con la consapevolezza che esiste una sostanziale probabilità di danni all’ambiente gravi, diffusi o a lungo termine».
Con queste parole il disegno di legge proposto fa diretto riferimento alla definizione legale di ecocidio formulata nel 2021 da un gruppo di esperti su incarico di Stop ecocide foundation, Ong ambientalista fondata nel 2019 che lavora per rendere l’ecocidio un crimine internazionale. Rodrigo Lledó, direttore di Stop ecocide Americas e membro del panel di esperti indipendenti per la definizione legale di ecocidio, ha fatto sapere in una nota stampa che la proposta di legge messicana «segue quella presentata in Brasile lo scorso giugno. Si stanno preparando iniziative simili in Argentina, Cile e altri paesi dell’America Latina. Per proteggere adeguatamente l’ambiente è necessario che l’ecocidio diventi un reato non solo a livello internazionale, ma anche a livello nazionale».
Il reato di ecocidio nel mondo: a che punto siamo
Il termine ecocidio è stato usato per la prima volta negli anni Settanta del secolo scorso per descrivere quanto compiuto dagli Stati Uniti in Vietnam. Tra il 1961 e il 1971 l’aviazione militare statunitense, per privare i vietnamiti della protezione della giungla e di risorse, ha infatti cosparso buona parte del paese con significative quantità di diserbanti, tra cui il tristemente noto agente arancio: milioni di persone hanno accusato gravi problemi di salute e migliaia di chilometri quadrati di foreste e coltivazioni sono stati danneggiati o totalmente distrutti.
Non è un caso che il Vietnam sia poi diventato, nel 1990, il primo Paese al mondo a introdurre il reato di ecocidio, che il Codice penale vietnamita definisce un crimine contro l’umanità sia in tempo di pace sia di guerra. L’ecocidio è già un reato anche in Ucraina, che infatti sta valutando la fattispecie in merito alla distruzione della diga di Kakhovka, le cui conseguenze ecologiche, umanitarie ed economiche sono state definite «catastrofiche» dal segretario generale delle Nazioni unite António Guterres. L’ecocidio è già contemplato dalla legge anche in alcuni paesi dell’Europa centrale e orientale tra cui Russia, Uzbekistan, Kazakistan, Bielorussia e Georgia.
Nell’Unione europea il primo paese a introdurre questo nuovo reato contro l’ambiente è stata la Francia nel 2021: le legge (che alcuni attivisti avevano sperato sarebbe stata formulata con termini più forti) punisce con il carcere fino a dieci anni chi commette reati che causano «danni gravi e duraturi alla salute, alla flora, alla fauna o alla qualità dell’aria, del suolo o acqua».
Stanno seguendo questa stessa strada anche i Paesi Bassi, dove recentemente il parlamentare Lammert van Raan ha ufficialmente presentato una proposta di legge per criminalizzare l’ecocidio, e il Belgio, che è ormai vicino all’introduzione definitiva del reato di ecocidio nel suo nuovo Codice penale. Il parlamento catalano invece ha appena dato il via a una procedura che, passando dal congresso dei deputati, punta a includere il reato di ecocidio nel Codice penale della Spagna.
Anche il Parlamento europeo è sul pezzo e lo scorso marzo, dopo il voto unanime della commissione Affari legali, ha annunciato il suo supporto all’introduzione dell’ecocidio nella revisione Ue della direttiva sui crimini ambientali. È una presa di posizione storica, anche perché il termine ecocidio non è mai apparso prima nella legislazione europea, ma non ancora definitiva. Negli ultimi mesi è iniziato il processo negoziale che coinvolge rappresentanti di parlamento, consiglio e commissione europei, che devono raggiungere un accordo sulla proposta del Parlamento. Solo a quel punto il reato di ecocidio potrebbe essere riconosciuto definitivamente e ufficialmente dalla legge europea, con un auspicabile effetto a cascata sui paesi membri.
Reati ambientali vs. reato di ecocidio: cosa cambia
Anche quando non si parla esplicitamente di ecocidio, comunque, nella maggior parte dei paesi danneggiare l’ambiente è già considerato un reato. Ad esempio, in Italia nel 2015 sono stati introdotti nel Codice penale nuovi delitti contro l’ambiente, tra cui quello di disastro ambientale.
Qui e altrove, però, riconoscere e perseguire un vero e proprio reato di ecocidio sarebbe un passo avanti importante sotto più punti di vista. Come spiegato dalla deputata laburista Monica Lennon, che sta lavorando per presentare un disegno di legge contro l’ecocidio in Scozia, introdurre questo nuovo reato nelle legislazioni nazionali ha due obiettivi. Da una parte, funzionerebbe come deterrente efficace là dove le leggi ambientali già esistenti falliscono perché difficilmente applicabili oppure molto specifiche.
Dall’altra, stabilirebbe un nuovo principio morale. «Quando i danni gravi alla natura vengono presi sul serio tanto quanto i danni gravi alle persone», ha scritto Lennon, «possiamo meglio comprendere le nostre responsabilità nei confronti del mondo vivente da cui dipendiamo completamente». È questo uno dei motivi per cui la Ong Stop ecocide foundation ha come obiettivo supremo, come accennato, rendere l’ecocidio un crimine non solo nazionale, ma anche internazionale: «Un crimine di ecocidio crea una nuova soglia morale di base per cui qualsiasi cosa che causi danni di massa o distruzione degli ecosistemi naturali diventerà inaccettabile».
Come rendere l’ecocidio un reato internazionale
La Corte penale internazionale (Cpi) al momento si occupa di quattro gravi crimini internazionali, contenuti nello Statuto di Roma: genocidio, crimini contro l’umanità, crimini di guerra e crimine di aggressione. L’ambiente è citato solo in relazione ai conflitti armati e ai crimini di guerra, nel senso che l’entità dei danni ambientali può essere presa in considerazione per stabilità quanto sono gravi gli altri crimini sopracitati.
Sebbene il diritto penale internazionale esercitato dalla Cpi funzioni più che altro come misura di emergenza, secondo Stop ecocide foundation rendere l’ecocidio il quinto reato internazionale nello Statuto di Roma avrebbe una serie di effetti cruciali. Per prima cosa, spingerebbe a modificare le singole legislazioni nazionali e, ufficializzando l’idea che danneggiare l’ambiente è una condotta di gravità paragonabile ai crimini contro l’umanità, influenzerebbe la sensibilità dei singoli cittadini.
In secondo luogo, metterebbe al centro del diritto internazionale la protezione dell’ambiente come fine a sé stessa e non solo in ottica antropocentrica. Infine, consentirebbe di arrestare e rendere perseguibili penalmente le persone accusate di «finanziare, permettere o causare gravi danni ambientali», spiega Stop ecocide foundation.
La Ong mette l’accento in particolare su questo punto: oggi le grandi società e aziende, pur perseverando con pratiche che hanno un comprovato effetto negativo sull’ambiente, riescono facilmente a sfuggire alle maglie delle legislazioni ambientali nazionali, spesso semplicemente mettendo preventivamente a bilancio una quota da destinare a eventuali cause civili o risarcimenti.
Così invece potrebbero diventare perseguibili penalmente per il crimine di ecocidio coloro che danneggiano i fondali oceanici tramite pesca industriale a strascico, fuoriuscite di petrolio, estrazione mineraria in alto mare o inquinamento da plastica, ad esempio, oppure coloro che contribuiscono alla deforestazione tramite trivellazioni petrolifere, allevamento industriale o produzione di olio di palma.
Per rendere l’ecocidio un crimine internazionale è necessario che lo Statuto di Roma venga modificato (è già accaduto con l’introduzione del crimine di aggressione, entrato in vigore nel 2018). L’emendamento deve essere proposto da uno dei 123 paesi firmatari e approvato da almeno due terzi degli altri. Sebbene ci siano Paesi che in passato si sono detti interessati a presentare l’emendamento (come Vanuatu e Maldive) e altri che hanno promesso il loro sostegno (come Francia e Belgio), la strada per il consenso internazionale è ancora lunga. Inoltre, servirà sicuramente una certa cooperazione globale anche da parte dei paesi che non hanno firmato lo Statuto di Roma, tra cui i non trascurabili Cina e Stati Uniti.
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