La Repubblica Ceca è una grande alleata dell’Ucraina, ma non per sé stessa
Nella parte orientale della Repubblica Ceca centinaia di persone lavorano su turni di ventiquattro ore per trasformare una serie di vecchi edifici risalenti alla seconda guerra mondiale in un centro per la fornitura di armi e munizioni all’Ucraina. L’iniziativa fa parte degli sforzi europei per fornire a Kyjiv le armi e le munizioni necessarie dopo lo stallo nelle forniture statunitensi.
La Repubblica Ceca è uno dei Paesi più impegnati nel sostegno all’Ucraina, con un governo che ci tiene molto a presentare la propria nazione come astuta, pragmatica e proiettata al futuro.
Alla Conferenza di Monaco del 17 febbraio il presidente ceco Petr Pavel ha stupito tutti annunciando che Praga aveva trovato in giro per il mondo cinquecentomila proiettili da 155mm (standard Nato) e trecentomila proiettili calibro 122mm (standard sovietico), in totale ottocentomila munizioni pronte per essere acquistate e inviate agli ucraini.
In seguito a questo annuncio, il 26 febbraio il premier Petr Fiala ha detto di aver convinto altri quindici Stati membri a fare lo stesso, sperando che in questo modo l’Unione europea riesca a farsi perdonare per non aver rispettato la promessa di consegnare all’Ucraina un milione di munizioni.
La Repubblica Ceca è stato il primo Paese a consegnare agli ucraini una dozzina di carri armati T-72 di fabbricazione sovietica (nell’aprile del 2022), una decisione che mirava anche a testare fino a che punto Vladimir Putin fosse disposto a reagire all’invio di armamenti europei. Dopo i carri armati Praga ha mandato elicotteri e lanciarazzi, e da allora il sostegno militare ceco a Kyjiv è stato costante e determinato.
Le forze armate ceche però non sono tra le più forti e moderne dell’Alleanza atlantica. In parte perché Praga finora non ha avuto particolare bisogno di investire nella Difesa, essendo una nazione piccola e montagnosa circondata da alleati della Nato e con una posizione geografica priva di confini pericolosi da proteggere o zone d’attrito con la Russia – come nel caso di Finlandia, Paesi baltici, Polonia, Romania e Bulgaria.
Inoltre, l’esercito ceco è nato dallo smantellamento delle forze armate della Cecoslovacchia, l’ex repubblica sovietica scioltasi pacificamente il 31 dicembre del 1992.
Dal 1993 a oggi l’esercito ceco è passato da novantamila effettivi a circa trentamila, modernizzandosi per quel che poteva e riorientandosi su una posizione prevalentemente difensiva. Nel 1999 la neonata Repubblica Ceca entrò a far parte della Nato e nel 2004 le sue forze armate – come in altri Paesi europei, compresa l’Italia – si sono trasformate in un’organizzazione pienamente professionale, abolendo il servizio militare obbligatorio.
L’esercito ceco è dotato di una riserva di quattromila soldati, una “riserva attiva”(Aktivní záloha) istituita per consentire la partecipazione dei cittadini alla difesa. Il sistema organizzato da Praga è degno di nota, poiché offre la possibilità di far parte della riserva anche a chi non è disposto ad arruolarsi per un periodo prolungato.
Per entrare a far parte della riserva infatti è sufficiente superare una selezione e frequentare un corso di formazione di sei settimane. Dopodiché, i riservisti devono prestare servizio fino a tre settimane all’anno. La riserva può essere mobilitata per altre due settimane aggiuntive in caso di una crisi non militare (come un disastro ambientale), e non è previsto che presti servizio all’estero, anche se i singoli individui possono offrirsi volontari per unirsi alle missioni fuori dai confini nazionali.
Ogni brigata o reggimento in servizio permanente effettivo ha le proprie unità subordinate di riserva attiva che si addestrano con lo stesso equipaggiamento dei professionisti e che fanno parte della stessa struttura organizzativa. Un sistema di questo tipo può essere applicato a tutti quei Paesi che non vogliono reintrodurre il servizio militare obbligatorio, ma hanno bisogno di aumentare il numero di effettivi.
Per quel che riguarda gli armamenti, la Repubblica Ceca utilizza ancora in larga parte equipaggiamenti obsoleti risalenti ai tempi del Patto di Varsavia. Una delle tante dimostrazioni che il cosiddetto allargamento a Est della Nato non è mai stato sinonimo di una corsa al riarmo e alla militarizzazione dell’Europa centro-orientale, ma esattamente il suo contrario.
Le forze armate ceche hanno un urgente bisogno di sostituire le attrezzature vecchie o obsolete di stampo sovietico e conformarsi rapidamente agli standard più avanzati della Nato.
I piani di modernizzazione includono l’acquisizione di nuovi elicotteri multiruolo, aerei da trasporto, veicoli da combattimento per la fanteria e radar di difesa aerea e missili. Nel 2023 però la spesa per la Difesa è stata pari all’1,5 per cento del Pil, ampiamente al di sotto del target Nato del due per cento.
L’aeronautica militare è più aggiornata grazie ai suoi dodici caccia multiruolo di fabbricazione svedese Saab JAS-39 Gripen che svolgono compiti legati alla difesa aerea della Repubblica Ceca e della Nato nell’ambito dell’Integrated air and missile defence system (Natinamds), ovvero il sistema di difesa aerea e missilistica integrata dell’Alleanza che ha il compito di difendere da qualsiasi minaccia d’attacco aereo e i membri della Nato.
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