forum

La piaga dei curric...
 
Notifiche
Cancella tutti

La piaga dei curriculum taroccati con l’intelligenza artificiale

1 Post
1 Utenti
0 Reactions
28 Visualizzazioni
(@linkiesta)
Post: 114
Reputable Member Registered
Topic starter
 

«Generatore di cv con l’intelligenza artificiale». Basta cercare poche parole su Google per trovarsi una lunga lista di software e chatbot in grado di stilare in pochi secondi curriculum perfetti da inviare a strascico agli indirizzi email delle aziende o sui profili Linkedin.

Secondo un sondaggio fatto dal Financial Times tra datori di lavoro e recruiter, circa la metà dei currirulum e delle lettere di presentazione ricevute viene ormai generato utilizzando strumenti di intelligenza artificiale generativa come ChatGpt e Gemini (il chatbot di Google). Le caselle di posta, dicono, sono inondate da candidature di bassa qualità inviate come se si trattasse di pesca a strascico. Una «raffica» di cv, prodotti in poco tempo, che ha portato al più del doppio del numero di candidati per posto di lavoro, ha spiegato al Ft Khyati Sundaram, amministratore delegato della piattaforma di reclutamento Applied. «Stiamo sicuramente assistendo a volumi più elevati di candidature e a una qualità inferiore di quello che inviano, il che significa che per noi è più difficile esaminarle», ha detto. Il processo è semplice: «Un candidato può copiare e incollare qualsiasi domanda di application in ChatGpt, e poi copiarla e incollarla nuovamente nel modulo della application pubblicato dall’azienda».

L’aumento degli annunci di lavoro online, che rendono le opportunità di lavoro visibili a una platea più ampia di potenziali candidati e facilitano le candidature, aveva già portato alla crescita del numero di candidature. E con l’intelligenza artificiale, i numeri sono cresciuti ancora di più, essendo molto più semplice di prima modellare la propria presentazione in base alle caratteristiche richieste negli annunci di lavoro.

Secondo un sondaggio condotto su 2.500 lavoratori britannici dalla start-up Beamery, circa il 46 per cento delle persone in cerca di lavoro utilizza l’intelligenza artificiale generativa per candidarsi. In un sondaggio condotto su cinquemila persone in cerca di lavoro in tutto il mondo dalla piattaforma creativa Canva, viene fuori che il 45 per cento ha utilizzato l’intelligenza artificiale generativa per creare o migliorare i propri cv.

Ma chi lo fa forse non sa che, se si affida la propria presentazione a un software, si vede eccome. Molti datori di lavoro hanno un atteggiamento di tolleranza zero nei confronti dell’uso dell’intelligenza artificiale nelle application. E le quattro big della consulenza – Deloitte, EY, PwC e Kpmg – hanno già messo in guardia i laureati dall’utilizzare l’intelligenza artificiale nelle domande.

Ai reclutatori, d’altronde, basta usare qualche accorgimento per rendersi conto se un curriculum arriva dall’intelligenza artificiale o da quella umana. Andy Heyes, amministratore delegato dell’agenza britannica Harvey Nash, parla di «segni rivelatori», come ad esempio l’uso della grammatica americana anche da parte di candidati British, o l’invio di candidature generiche e non in linea con la posizione aperta.

L’intelligenza artificiale viene usata anche per perfezionare alcune frasi personali e aggiungere le parole chiave di ricerca. Ma l’effetto spesso è il contrario di quello desiderato. «Senza un’adeguata revisione, il linguaggio risulterà goffo e generico, e i recruiter se ne accorgono», dice Victoria McLean, ceo della società di consulenza per il lavoro CityCcv. «I cv devono mostrare la personalità del candidato, le sue passioni, la sua storia, e questo è qualcosa che l’intelligenza artificiale semplicemente non può fare».

Certo, usare le versioni a pagamento dei software, però può fare la differenza. Neurosight, società che fornisce consulenza per i test psicometrici da Virgin Media al Servizio Sanitario Nazionale inglese, in un recente sondaggio condotto su 1.500 studenti in cerca di lavoro, ha scoperto che quelli che utilizzavano la versione gratuita di ChatGpt avevano meno probabilità di superare i test – punteggi anche quattro volte inferiori nelle prove numeriche o verbali – mentre quelli che utilizzavano la versione premium li passavano con più facilità.

A ricorrere all’Ai generativa avanzata sono soprattutto i più giovani, che sono più abili a mascherare l’«aiutino» e difficilmente vengono scoperti dalle agenzie di reclutamento. «Un quarto delle persone in cerca di lavoro che hanno pagato per ChatGpt hanno superato i test a pieni voti», ha detto Jamie Betts, fondatrice di Neurosight. E sono «in stragrande maggioranza coloro che provengono da contesti socioeconomici più elevati, candidati uomini, non disabili e per lo più bianchi». Perché esiste anche una correlazione con lo status socioeconomico di chi ricorre ai tool a pagamento. Cosa che può alterare e non poco i processi di selezione e assunzione.

Datori di lavoro e reclutatori ora sperano che, se un candidato ha imbrogliato o mentito, in fase di colloquio finale – di persona o virtuale – possa alla fine essere scoperto. «I candidati stanno diventando piuttosto pigri su come distinguersi nel mercato del lavoro, quindi si rivolgono all’intelligenza artificiale generativa per fornire una versione gonfiata della loro esperienza reale», spiega Ross Crook, amministratore delegato globale dell’agenzia di reclutamento Morgan McKinley. «Al momento tutto viene automatizzato il più possibile, ma ci sarà sempre la necessità di un’interazione da faccia a faccia prima della selezione finale». E in quel caso si faranno i conti solo con la propria intelligenza.

 
Pubblicato : 15 Agosto 2024 04:45