La lunga strada per integrare i sistemi idrici, energetici e alimentari di tutto il mondo
I sistemi idrico, energetico e alimentare sono strettamente legati l’uno all’altro. L’acqua serve per generare energia, soprattutto per le fasi di raffreddamento. L’energia serve per il pompaggio, la depurazione e la desalinizzazione delle acque reflue. Il sistema alimentare dipende dall’acqua in modo assoluto: utilizza più del settanta per cento di tutta l’acqua dolce prelevata dai corsi d’acqua e dalle falde acquifere e, inoltre, consuma circa il trenta per cento dell’energia generata a livello mondiale, per i lavori agricoli, la produzione di fertilizzanti, la lavorazione e la distribuzione degli alimenti.
Tali interrelazioni sono espresse dal concetto del Wef Nexus (Water-Energy-Food Nexus), cioè del nesso tra acqua, energia e cibo, frutto di un pensiero sistemico che guarda agli insiemi e alle loro interrelazioni anziché suddividere le questioni complesse in parti distinte e separate. I decisori politici dedicano sempre maggiore attenzione al Wef Nexus, perché la stretta correlazione tra acqua, energia e cibo chiama in causa anche importanti sinergie ed equilibri. La diffusione del concetto si deve a McKinsey e al governo tedesco, che dal 2011 finanzia diverse iniziative sul tema. Il Gulf Cooperation Council (GCC) ha l’opportunità di fare del Wef Nexus il fulcro della COP 28, all’insegna dell’uno per tutti e tutti per uno, con l’obiettivo di ottimizzare la gestione delle risorse naturali.
Panoramica dei sistemi idrico, energetico, ambientale
I paesi del GCC sono i più poveri d’acqua al mondo, intendendo per scarsità d’acqua una disponibilità inferiore ai cinquecento metri cubi pro capite l’anno. Ma quello che è stato a lungo considerato un peso può ora diventare un’opportunità.
Tutti i paesi del GCC sono al di sotto di questa soglia. Possono fornire acqua potabile, sanitaria e per suo industriale, ma scarseggiano di acqua da dedicare alla produzione alimentare, e pertanto importano circa l’ottantacinque per cento degli alimenti, soprattutto cereali, legumi e alimenti trasformati. La soluzione sono le strutture portuali marittime di livello mondiale come quella di Jebel Ali.
La dipendenza dalle importazioni alimentari preoccupa i decisori politici ormai da anni, e soprattutto dall’impennata dei prezzi dei prodotti alimentari nel 2007/08, seguita da quelle del 2010/11, del 2020/21 e, ancora, del 2022/23. Tali rialzi e la carenza degli approvvigionamenti hanno provocato grande apprensione in molti dei decisori del GCC. Dipendere dalle importazioni significa infatti dipendere dai mercati mondiali, il che è rischioso in quest’era in cui il mondo intero deve far fronte ai cambiamenti climatici e alla dilagante scarsità d’acqua. L’anno scorso, per esempio, gli Emirati Arabi Uniti hanno importato ortaggi per un miliardo di dollari dall’India, la quale è a sua volta afflitta da una crescente scarsità idrica e si è dimostrata fin troppo pronta a bloccare le esportazioni strategiche. I rischi legati alle importazioni alimentari possono mettere a repentaglio la sicurezza nazionale.
Il GCC ha comunque il vantaggio di essere uno dei principali fornitori di energia al mondo. Secondo l’Accordo di Parigi, i paesi del GCC devono affrancare i propri sistemi energetici dai combustibili fossili per passare alle rinnovabili, e anche in questo caso godono di un vantaggio competitivo grazie agli elevati livelli di radiazione solare della regione: nei paesi del GCC gli impianti fotovoltaici hanno una produzione decisamente superiore a quella europea. Il potenziale di energia rinnovabile e il fuso orario intermedio tra India ed Europa occidentale offrono a questi paesi l’opportunità di gestire acqua, energia e cibo in modo integrato, per trarre beneficio da tutti e tre i sistemi. Tecnologie come la desalinizzazione, il trattamento delle acque, l’idroponica, l’agricoltura verticale, l’acquacoltura e l’energia solare possono traghettare le economie del GCC verso un futuro sostenibile.
I presupposti per cogliere le opportunità del Wef Nexus
Il Wef Nexus ci invita a comprendere che cosa funziona e che cosa non funziona nelle diverse situazioni. La sua governance deve ancora evolversi, ma è importante che le istituzioni pubbliche,
quali i ministeri relativi ad acqua, agricoltura ed energia, collaborino tra loro, soprattutto per l’inventariazione, il monitoraggio e il controllo dell’uso delle risorse. Il primo passo per gestire in modo integrato acqua, energia e cibo è verificare le risorse disponibili e definire obiettivi realistici.
Servono audit rigorosi sull’acqua, per comprenderne l’effettiva disponibilità (cioè scarsità) fisica e per evitare il pericolo dell’esaurimento delle falde. I più ricchi di acqua sono Oman, Arabia Saudita e Bahrein, ma anche in questi paesi la disponibilità idrica è limitata e si deve tener conto di ogni goccia utilizzata per la produzione di energia e di cibo.
È anche necessario fissare obiettivi realistici per l’approvvigionamento alimentare nazionale: i decisori di ciascun paese devono chiedersi quali colture alimentari si possano coltivare nel loro territorio, e come. Data la scarsità d’acqua, è difficile difendere le colture di prima necessità, come i cereali, i cui prodotti si possono importare a costi decisamente minori da bacini alimentari che godono di ampia disponibilità idrica, come Nord America, Sud America, Asia settentrionale, Asia centrale e Oceania. Ma è anche vero che con pascoli migliori si potrebbe disponibilità energetica per gli allevamenti si potrebbe aumentare anche la produzione lattiero-casearia sostenuta dai mangimi importati dai sopra citati bacini alimentari.
Il concetto di Wef Nexus spinge i decisori politici a pensare fuori dagli schemi. Pertanto, data la scarsità di risorse idriche, un’altra domanda cruciale è quanta e quale tipo di energia rinnovabile si possa sviluppare per un nesso tra acqua, energia e cibo più pulito. Per esempio, gli impianti a concentrazione solare (CSP, Concentrated Solar Plant) consumano molta più acqua delle centrali a combustibili fossili: per produrre un megawattora di elettricità, un CSP consuma duemila-tremilacinquecento litri d’acqua, mentre le nuove centrali a carbone ne consumano duemila a quelle a gas naturale a ciclo combinato ne servono solo mille. Tali consumi rendono problematica la redditività dei CSP in aree con scarsità d’acqua e costi idrici (anche di pompaggio e trasporto) elevati. Lo stesso dicasi per la produzione di idrogeno verde e di ammoniaca, ancora più intensive in termini di consumo idrico.
Individuare le opportunità
Una delle questioni più urgenti per i paesi del GCC è come aumentare la disponibilità idrica in modo energeticamente efficiente attraverso la desalinizzazione e la depurazione delle acque reflue. Il Bahrein utilizza quasi un terzo della sua energia (prevalentemente da combustibili fossili) per la desalinizzazione e depurazione dell’acqua: una situazione insostenibile. Le tecnologie a membrana alimentate a energia solare ridurrebbero i costi energetici di un terzo e gli impianti di desalinizzazione a energia rinnovabile consentirebbero la produzione idroponica di frutta e verdura. Tuttavia, proprio come le centrali elettriche di tipo CSP, anche la tecnologia idroponica è onerosa, ed è essenziale dimensionarla correttamente per assicurarne l’efficienza sia agronomica sia economica.
Sono comunque in arrivo altre soluzioni ispirate al concetto di Wef Nexus, come per esempio la tecnologia agrivoltaica. Se ne parla da anni, ma solo di recente gli scienziati di alcune università italiane e statunitensi hanno sviluppato una nuova generazione di impianti fotovoltaici che utilizza la luce blu per l’energia solare e la luce rossa per le colture (per esempio i pomodori), consentendo di risparmiare fino al novanta per cento di acqua grazie all’ombra fornita dai pannelli fotovoltaici, che nel frattempo producono energia solare. Questa soluzione potrebbe rivelarsi particolarmente adatta ai paesi del GCC, dove abbondano sia la terra sia l’energia solare.
La crisi ucraina ha ricordato al mondo l’importanza dei fertilizzanti. Attualmente la dipendenza dai fertilizzanti di origine fossile è molto forte. Un fertilizzante fondamentale è l’ammoniaca, ingrediente chiave che consentirebbe addirittura di produrre pane dall’aria, come si suol dire fin dai tempi della sua invenzione, opera di due scienziati tedeschi, durante la prima guerra mondiale. Grazie al loro abbondante potenziale di energia solare, i paesi del GCC potrebbero produrre, diciamo così, pane dal sole, sfruttando le opportunità della produzione di ammoniaca verde, cioè usando l’energia solare per produrre idrogeno da trasformare poi in ammoniaca. Ecco il Wef Nexus in pratica, su un altro livello: sfruttare la sempre maggior disponibilità di energia solare per una produzione alimentare sostenibile.
Finanziamenti e prospettive per il futuro
Va da sé che per migliorare il Wef Nexus bisogna finanziare tutte queste tecnologie. In tutta la regione si sono annunciati piani per la creazione di valli alimentari, la produzione di energia rinnovabile e l’aumento della disponibilità idrica tramite desalinizzazione e depurazione delle acque reflue. E sono buone idee, non solo per aumentare l’approvvigionamento idrico, energetico e alimentare dell’area: sono buone idee anche in termini geopolitici.
Quanto più i paesi del GCC sapranno guidare la rivoluzione tecnologica di cui altre parti del mondo hanno disperato bisogno a causa dei cambiamenti climatici e della crescita demografica, tanto più potranno diversificare le proprie entrate a lungo termine. Attualmente, a soffrire di scarsità idrica assoluta sono alcuni stati insulari della regione MENA (Medio Oriente e Nord Africa), ma presto ne verranno travolti anche altri paesi africani, come Kenya e parte della Nigeria, oltre all’Europa meridionale e l’occidente degli Stati Uniti.
Alla Cop28 di novembre i padroni di casa avranno l’opportunità di inserire il Wef Nexus nell’agenda del programma Koronivia Joint Work on Agriculture, il processo guidato dalle Nazioni Unite per la decarbonizzazione dei sistemi alimentari, e sarebbe particolarmente utile aggiungere all’ordine del giorno le tecnologie e i concetti del Wef Nexus, proponendo anche un meccanismo di collaborazione tra i paesi aridi sostenuto dal Green Climate Fund delle Nazioni Unite.
Nonostante il mondo accademico raccomandi da anni una gestione integrata dei sistemi idrico, energetico e alimentare, la strada è ancora lunga. La Cop28 offre al Gcc una nuova opportunità di orientare il dibattito politico mondiale secondo le idee del Wef Nexus. Il Gcc è in una posizione ideale per questo dibattito, perché riunisce paesi tra i primi al mondo ad avere risorse idriche drammaticamente limitate e ad avere necessità di individuare attività economiche che vadano oltre l’acqua.
Martin Keulertz è docente di gestione ambientale alla University of the West of England, Bristol, e Adjunct Assistant Professor al programma di sicurezza alimentare presso l’Università americana di Beirut (AUB).
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