La difficile corsa a ostacoli di Doha
A Doha si apre una nuova giornata di negoziati mirati a un cessate il fuoco nella guerra a Gaza, mentre il bilancio delle vittime nei territori palestinesi ha raggiunto la triste cifra di 40.000 persone, secondo le autorità sanitarie locali.
Ieri, i mediatori degli Stati Uniti, del Qatar ed Egitto hanno incontrato una delegazione israeliana nella capitale del Qatar, con Hamas che non partecipa direttamente ai colloqui, quindi con l’incertezza che cresce.
L’idea concordata tra Hamas e Israele sarebbe di implementare un piano in tre fasi lo stesso proposto pubblicamente da Joe Biden a maggio. Ma da allora è stato tutto un susseguirsi di emendamenti, condizioni e chiarimenti, lasciando i colloqui in una situazione di stallo. I temi chiave includono la continua presenza di truppe israeliane al confine tra Gaza ed Egitto, il rilascio di ostaggi e il ritorno di civili da Gaza meridionale a quella settentrionale.
In ogni caso l’appuntamento di ieri è stato vissuto come una nuova spinta dopo le uccisioni consecutive del 31 luglio di un comandante di spicco di Hezbollah e di Ismail Haniyeh, capo politico di Hamas. Negli ultimi giorni la situazione ha raggiunto livelli estremi di rischio con Teheran che ha minacciato a più riprese di trasformare la guerra a Gaza in un conflitto regionale.
Se ieri si è tornati a sperare in un cessate il fuoco a Gaza è anche perché da più parti sono arrivati gli appelli all’Iran a non intraprendere azioni di ritorsione. In un’intervista alla CNN nella serata di ieri, il portavoce della sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby, ha detto che i colloqui hanno mostrato subito buone potenzialità, anche se un accordo immediato è alquanto improbabile, dati i grandi punti di non incontri che rimangono tra le due parti.
Kirby ha aggiunto che per gli Stati Uniti, la sensazione è che Teheran sia ancora molto determinata a rispondere all’uccisione di Haniyeh con un attacco a Israele. Nelle ultime due settimane, gli americani hanno schierato navi da guerra, sottomarini e aerei da guerra nella regione per difendere Israele da potenziali attacchi da parte della rete di Iran e gruppi alleati pronti ad agire da Iraq, Siria, Libano e Yemen, tutte già coinvolte nella guerra di Gaza.
Benjamin Netanyahu dal canto suo è stato accusato di aver sabotato i colloqui per strategia politica, anche se all’ultimo, prima di partire per Doha ha rinforzato le deleghe al team negoziale.
Al termine della giornata di ieri un funzionario statunitense ha comunque dichiarato che il primo giorno di colloqui è risultato costruttivo, mentre il portavoce del ministero degli Esteri del Qatar ha confermato che le discussioni sarebbero continuate almeno fino a oggi.
È intervenuto anche il ministro degli esteri britannico, David Lammy, che è determinato a recarsi al più presto in Israele: «Siamo in un momento cruciale per la stabilità globale. Le prossime ore e giorni potrebbero definire il futuro del Medio Oriente. Un cessate il fuoco non solo proteggerebbe i civili a Gaza, ma spianerebbe anche la strada a una più ampia de-escalation e porterebbe la tanto necessaria stabilità».
Mentre a Doha si discuteva, ieri l’esercito israeliano ha portato a termine l’operazione di terra nella città meridionale di Khan Younis a Gaza con attacchi di artiglieria e bombardamenti su Rafah.
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