La confisca dei beni russi spezzerebbe il ciclo dell’influenza negativa di Putin
La scorsa settimana una delegazione ucraina dell’International Center for Ukrainian Victory è stata in visita a Roma per una missione di advocacy in relazione alla presidenza italiana del prossimo G7. Nel corso dei diversi momenti di incontro con politici, società civile e rappresentanti di istituzioni, tra cui la conferenza organizzata dalla FIDU in Senato “Verso un meccanismo di risarcimento internazionale per le vittime dell’invasione russa dell’Ucraina”, si è discusso fondamentalmente dell’importanza di confiscare le riserve della Banca centrale russa congelate nell’Unione europea, di giustizia per le vittime dell’aggressione e di sicurezza globale. A margine della visita, ho approfondito questi temi in una conversazione con le componenti della delegazione: Hanna Hopko, già presidente della Commissione Affari Esteri del Parlamento ucraino, Olena Halushka, membro del Direttivo dell’Anticorruption Action Centre (AntAC), Tatevik Marharian, istruttrice del Tactical Combat Casualty Care per le Forze Armate ucraine e Olena Snigyr, senior fellow di Eurasia Program e del Foreign Policy Research Institute.
Lo scorso 17 gennaio in Senato abbiamo discusso l’importanza di istituire un meccanismo di risarcimento internazionale per le vittime dell’aggressione russa in Ucraina. Il processo è iniziato con la creazione di un Registro dei danni, istituito dai partecipanti del Vertice del Consiglio d’Europa tenutosi a Reykjavik il 16 e il 17 maggio 2023 e che sarà utilizzato per registrare le prove e le informazioni relative alle richieste di risarcimento per danni, perdite o lesioni causate dall’aggressione da parte della Russia contro l’Ucraina. In quest’ottica, quanto è importante la confisca dei beni russi, sia come mezzo per risarcire le vittime, ma anche come passo fondamentale per fermare l’aggressione russa?
Olena Halushka: Alla luce dei ritardi dei finanziamenti statunitensi ed europei per l’Ucraina, i beni congelati della banca centrale russa, che ammontano a trecento miliardi di dollari, possono e devono diventare la fonte di aiuti sostenibili per l’autodifesa dell’Ucraina, la stabilità macroeconomica, la ripresa e il risarcimento delle vittime della guerra prolungata. La Russia punta a tagliare gli aiuti all’Ucraina con l’obiettivo di conquistare il nostro Paese, per poi attaccare altri Stati sovrani, compresi i membri della Nato. Nello strategic concept della Nato per il 2022, la Russia è stata indicata come la minaccia più diretta alla pace e alla sicurezza dell’Alleanza. Vincere questa guerra è un obiettivo esistenziale per gli ucraini, ma è anche nell’interesse della sicurezza dell’UE non lasciare che la Russia vinca.
La confisca dei beni russi sarebbe quindi una misura necessaria anche per salvaguardare la nostra sicurezza?
Hanna Hopko: Sì. La confisca dei beni sovrani russi spezza il ciclo dell’influenza negativa di Mosca. Quegli oltre trecento miliardi di fondi sovrani russi altro non sono che un pacchetto di assistenza al terrorismo e la loro confisca arresterebbe la proliferazione destabilizzante di armi convenzionali nel Sud globale e la potenziale assistenza di tecnologia missilistica a Stati paria come l’Iran e la Corea del Nord. Inoltre, ridurre i finanziamenti di Mosca alla produzione bellica significa ridurre l’instabilità del Sud globale e i flussi di rifugiati che dall’Africa cercano rifugio dalla violenza. Ecco perché la confisca porta risultati anche in termini di sicurezza. Quando i russi vendono grano, vendono armi. Quando vendono armi, esportano mercenari per saccheggiare minerali di terre rare e risorse naturali sotto la minaccia delle armi, creando conseguenze catastrofiche che sfociano anche nella morte di chi scappa da terre instabili attraverso il Mediterraneo. La Russia ha trasformato il carbone ucraino, il grano, il sale, i diamanti africani e l’oro in armi da guerra. Confiscare il patrimonio sovrano russo presso la Federal Reserve e l’Euroclear e gestirlo come fondo di emergenza multinazionale per stabilizzare l’Ucraina e il Sud globale è intelligente, sensato e, in ultima analisi, assolutamente necessario.
Si tratta di una missione possibile e urgente. Quale risposta si può dare a coloro che esprimono scetticismo, soprattutto per quanto riguarda le potenziali ritorsioni da parte della Russia?
Olena Halushka: In Ucraina siamo estremamente grati per l’assistenza ricevuta dai nostri partner stranieri. Tuttavia, la guerra non è ancora vinta e sono necessarie ulteriori risorse. L’Occidente dispone di fondi sufficienti per l’Ucraina senza gravare eccessivamente sui contribuenti. Nel novembre 2022, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione che impone alla Russia di cessare immediatamente l’aggressione contro l’Ucraina e di risarcire i danni causati. I danni del primo anno di guerra totale ammontano da soli a quattrocentoundici miliardi di dollari, cifra che supera l’entità dei beni congelati. L’Ucraina ha il diritto morale e legale di ottenere questi fondi. Dal punto di vista legale, la confisca sarà una contromisura legittima. Per quanto riguarda le minacce del Cremlino di confiscare i beni privati occidentali come ritorsione, il governo russo ha iniziato questo processo più di un anno fa e ha già espropriato de facto aziende come Carlsberg, Danone e altre.
Un’altra misura importante per indebolire la capacità finanziaria della Russia di continuare la sua guerra è rappresentata dalle sanzioni. Considerando l’evoluzione della situazione, è necessario rendere questo importante strumento ancora più efficace (ad esempio insistere sulle categorie hi-tech e IT considerato il loro ruolo nel fornire supporto tecnologico alla guerra) e soprattutto fare in modo che non vi siano scappatoie. In che modo si possono applicare misure mirate al fin di avere un impatto significativo sulle capacità militari e sugli sforzi bellici complessivi della Russia?
Tatevik Marharian: Oggi, nonostante tutte le sanzioni e le restrizioni, la Russia è riuscita a mostrare una crescita della propria capacità produttiva, producendo, tra l’altro, fino a mille droni Lancet al mese. Inoltre, nei missili e nelle armi utilizzate dalla Russia contro l’Ucraina sono quasi completamente assenti componenti o parti russe. Ad esempio, settantotto componenti derivati dal missile ipersonico russo “Kinzhal” sono prodotti negli Stati Uniti. Nonostante gli Stati Uniti forniscano alla Russia fino al settantacinque per cento di tutti i componenti presenti nelle armi russe, almeno quattrocentocinquanta parti sono importate da altri Paesi del G7, a completamento dell’elenco delle aziende statunitensi. La Russia riesce ancora a ottenere tecnologie moderne (chip, circuiti stampati, microcircuiti, motori di droni, eliche, ecc.) aggirando le sanzioni attraverso per prima cosa l’ordinazione di componenti tramite società di comodo stabilite nel Sud-est asiatico e in secondo luogo servendosi di contrabbandieri di elettronica che portano questi componenti in Russia. La soluzione a tale problema è spingere le aziende che producono questi componenti ad essere più consapevoli dei rischi e migliorare le loro politiche di Due Diligence e KYC (know-your-client) per sottrarre alla Russia la capacità di produrre droni, missili e altre armi. D’altro canto è fondamentale che i Paesi che sostengono l’Ucraina forniscano tutti i componenti per garantire all’Ucraina il vantaggio tecnologico e l’innovazione necessari per vincere questa guerra.
Tra i danni causati dall’aggressione russa, vi è anche quello all’ambiente. L’ecocidio in atto in Ucraina procurato dalle forze russe è un crimine gravissimo di cui pagheremo tutti le conseguenze, eppure la comunità internazionale sembra non dargli ancora l’attenzione che merita.
Hanna Hopko: Quattrocentonovantacinquemila ettari, tra cui dieci parchi naturali nazionali, otto riserve e due riserve della biosfera, rimangono sotto l’occupazione della Russia. Oltre il venti per cento delle aree naturali protette dell’Ucraina è stato colpito dalla guerra. Quasi un terzo delle foreste ucraine è stato danneggiato. Seicento specie animali sono state colpite e ottanta sono sull’orlo dell’estinzione. L’Ucraina ha subito perdite per quattrocentomila dollari a causa dell’inquinamento atmosferico provocato dai bombardamenti russi del 29 dicembre e del 2 gennaio e più di cinquemila tonnellate di CO2 sono state rilasciate nell’aria. In totale, l’aggressione russa contro l’Ucraina ha già causato danni ambientali per oltre 56,7 miliardi di euro, esclusi i danni causati dall’attacco terroristico russo alla centrale elettrica di Kakhovka, che secondo le stime dell’ONU, del Ministero dell’Economia e della Kyiv School of Economics, raggiungerebbe quasi 12,7 miliardi di euro. Ogni giorno di guerra causa centoventi milioni di euro di danni. Sono già stati registrati oltre tremilatrecento casi di danni ambientali causati dall’aggressione russa e la Procura generale sta indagando su ben quindici casi di ecocidio. Ecco perché tra i nostri obiettivi c’è anche quello di assicurare che anche questi crimini siano portati davanti alla giustizia. La detonazione della centrale idroelettrica di Kakhovka da parte della Russia, avvenuta il 6 giugno scorso, è stata un atroce crimine di guerra, un ecocidio, un’arma ambientale di distruzione di massa, perché va oltre i confini dell’Ucraina. La sua portata potrebbe non essere chiara per anni o addirittura per i decenni a venire. Per questo motivo, invitiamo le organizzazioni internazionali e l’intera comunità che lavora per la protezione dell’ambiente, nonché i rappresentanti politici a tenere questo terribile crimine in cima alle loro agende.
Infine, parliamo di disinformazione, perché l’Italia è uno dei Paesi europei più vulnerabili alle operazioni di interferenza russa. Quanto questo fenomeno ci deve preoccupare in termini di sicurezza?
Olena Snigyr: Le operazioni di disinformazione russa mirano ad alimentare la sfiducia dei cittadini nei confronti dei loro governi, delle istituzioni e del sistema che le società democratiche hanno costruito per secoli. La propaganda russa cerca di far dubitare gli italiani dei loro valori e distrugge la fiducia dei cittadini nei suoi partner, dell’UE e della Nato. Allo stesso tempo, la Russia non offre nulla in cambio: ovunque la sua influenza cresca, regna la corruzione, la popolazione si impoverisce e la violenza aumenta. L’amico della propaganda russa è il populismo dei politici europei che fanno leva sulle emozioni degli elettori e offrono soluzioni semplici a problemi complessi. Ma la storia insegna che questi politici non hanno mai risolto alcun problema; hanno solo aumentato il disordine di cui Russia e Cina hanno tanto bisogno per imporre la loro influenza. Il livello di sostegno all’Ucraina da parte dei cittadini dei Paesi europei, e l’Italia non fa eccezione, è direttamente influenzato da tre fattori: l’adesione ai valori liberal-democratici, la comprensione della vera natura di questa guerra e degli obiettivi della Russia, e dal livello di familiarità con la storia e la cultura dell’Europa orientale. E se le cose non vanno così male per quanto riguarda il primo e il secondo punto, vi è ancora una grande lacuna sulla conoscenza collettiva dell’Europa orientale, compresa l’Ucraina, da parte dei cittadini della maggior parte dei Paesi europei. La ragione di questo va ricercata nel predominio delle narrazioni russe nel mondo accademico occidentale, che non solo ha oscurato la conservazione e la riproduzione del progetto imperiale russo odierno, ma ha anche reso invisibili tutti gli altri popoli e le culture su cui la Russia ha gettato la sua ombra.
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