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Il mutamento dell’opinione pubblica e la riduzione di Israele a nemico numero uno

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(@mario-lavia)
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La rapidità del mutamento dell’opinione pubblica sulla guerra di Hamas a Israele è stata impressionante. Un mese fa esatto il mondo era inorridito dal pogrom dei terroristi e per un po’ siamo stati tutti, o quasi tutti, israeliani, al mondo sono tornate in mente immagini sconvolgenti di un passato che s’immaginava seppellito, e invece. Per qualche giorno Israele è stato l’Occidente, dunque noi. Un mese che pare un anno.

Giorno dopo giorno le opinioni pubbliche, che in qualunque guerra sono un soggetto che è in campo, si sono voltate contro lo Stato ebraico, che è divenuto infine il nemico. Perché questo è. Da noi, una generazione di giovani scettica e disillusa che non lotta più per la scuola o l’università come è accaduto a tutte le generazioni precedenti, che non si organizza nei partiti e nei sindacati, che ha rimosso l’idea di una mobilitazione collettiva, ecco che trova nella “lotta di liberazione della Palestina” magari “from the river to the sea” la ragione della lotta – a Napoli gli studenti hanno occupato l’“Orientale” – per riempire il vuoto di interesse per la politica che è parente stretto di un più generale menefreghismo di massa che domina la sua esistenza.

Una generazione strana, che non legge, che non sa, che ha resettato la storia passata e vive in un oggi piuttosto sbiadito temendo un domani sbagliato, questa generazione che si mette la kefiah maneggiando il cellulare istintivamente recupera sentimenti antichi di ostilità contro il capitalismo, l’ebraismo, la ricchezza.

I cortei in Italia sono tutto sommato poca cosa malgrado certi politicanti imbroglino le carte ficcando nelle piattaforme tutto e il contrario di tutto – così che nella stessa manifestazione si possono trovare insieme le Acli e Forza Nuova – ma in Gran Bretagna o negli Stati Uniti o in Francia il clima ostile agli ebrei è pesante, a livello di massa, scorre nelle pieghe della società, invade i quartieri borghesi di New York come le banlieue parigine.

Si addita Benjamin Netanyahu a nemico pubblico (e si comprende bene), ignorando che in Israele c’è un governo di unità nazionale, però non si bada tanto al sottile, è il governo degli ebrei e tanto basti: gli ebrei gli ebrei gli ebrei. Che hanno la Storia contro di loro, da sempre, che sono i “cattivi”. E certo che Hamas fa schifo però è il frutto delle malefatte di Israele, il che non è che non sia tecnicamente vero solo che in questi discorsi si tralasciano ragione e morale, ed è esattamente questo il punto dolente dei ragionamenti dei filopalestinesi.

Dov’è infatti la ragione, non parliamo nemmeno della morale, nel massacro del sette ottobre? Eppure le opinioni pubbliche, le grandi masse – soprattutto, ma non solo quelle che hanno qualcosa a che fare con la storia della sinistra – sono contro chi è stato offeso dal più clamoroso pogrom degli ultimi secoli, roba da zaristi e Terzo Reich, e che sta reagendo male, certo, molto male, a un’offesa e un’umiliazione inaudite. Una reazione che non giustifica i rigurgiti antisionisti, e persino antisemiti, che tracimano nelle piazze dell’Occidente e serpeggiano nelle case delle nostre città. Questo antisemitismo della porta accanto che avevamo dimenticato piangendo davanti ai film di Spielberg e Polanski e Benigni e che invece è ben presente tra noi, seppur confuso in un discorso pubblico strabico e pericoloso che solo la grande politica, se esiste ancora – forza Anthony Blinken, l’uomo che può compiere il miracolo – può fermare.

Si resta sconcertati davanti alla violenza senza distinzioni, ma si confondono le idee, si finge di ignorare che qui l’odio è il vero propellente dell’assalto del sabato nero, e l’odio è l’arma peggiore perché è cieco, dunque indomabile, il vecchio odio novecentesco che cola sui muri dell’Occidente, una volta regno della Ragione. E questo è quanto, un mese dopo.

 
Pubblicato : 7 Novembre 2023 05:45