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Il doppio ingresso di una libreria indipendente a Trento

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(@valerio-millefoglie)
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Entrando nella libreria “due punti” di Trento, in via San Martino 78, ciò che cattura lo sguardo, perché nella visione lo occupa tutto, è la scaffalatura che ospita i libri: un reticolo in legno di matrice unica che ricopre le pareti per poi continuare sul soffitto, dove forma cubi che nel vuoto geometrico evocano tante copertine tridimensionali. 

«A noi ricorda un albero», dice Federico Zappini che, con Elisa Vettori, ha aperto questa libreria nel 2018. «Il legno si espande nella parte aerea ampliando i propri rami. Questa forma d’albero dice molto di come intendiamo la letteratura: libri vivi, che lassù dialogano con la realtà, frutti che cogliamo e consegniamo al lettore dicendogli “per l’autore, per come è trattato il tema e per la casa editrice, ti stiamo offrendo qualcosa di vitale, che mira a una trasformazione”. Proponiamo testi che non cerchino solo di fotografare ciò che accade. Noi siamo chiamati a leggere la realtà per combattere con essa». E, per farlo, ci sono letteralmente due punti di ingresso. 

(Foto: Valerio Millefoglie / Linkiesta)

La “due punti” infatti ha due porte: una dà su via San Martino, dove scorre una comunità che ha reso viva questa parte più periferica della città, e un’altra dà su via Manzoni, dove fino al 1850 scorreva l’Adige. Chi entra dalla prima porta può immergersi nella proposta saggistica curata da Filippo, chi entra dal lato opposto trova testi di narrativa o di cultura dell’immagine selezionati da Elisa. «Entrambe le proposte», dice Federico, «sono legate al contemporaneo. Niente classici. Viviamo con le novità e con le case editrici che sperimentano». 

Così i saggi “Abitare stanca” di Sarah Gainsforth (effequ) e “La casa vivente” (add) di Andrea Staid dialogano con Walter Benjamin, “sognatore sprofondato nel paesaggio” protagonista di “Manifesto Incerto” (L’orma) di Frédérick Pajak o con i racconti di autori e autrici atesini pubblicati dalla rivista di ricerca Manaròt. Tra le case editrici vicine, per territorio e anche per approccio, c’è la Keller di Rovereto, fondata nel 2005 da Roberto Keller, «per l’equilibrio fra il racconto narrativo pieno e il tentativo di trovare voci di qualità che raccontino ciò che succede attorno, dalla storia tedesca al mondo polacco a quello ungherese». 

(Foto: Valerio Millefoglie / Linkiesta)

Dalla Val di Sole è arrivata la credenza della nonna di Federico, dove è esposto fra gli altri Monoporzioni, libro di ricette con tocco sociale. Al muro c’è invece un telefono fisso, dono di un lettore che li colleziona: «Chi ci chiama, chiama qui». Poi, un divano e due troni per fare di questo posto – che in origine era un semplice corridoio di passaggio – un luogo in cui fermarsi.  

 
Pubblicato : 8 Gennaio 2024 04:45