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Il benessere psicologico e l’uso dei social media

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(@luca-chittaro)
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Dalla nascita dei social a oggi, numerose ricerche hanno cercato di identificare possibili relazioni fra social e benessere psicologico degli utenti. Uno dei comportamenti sospettati di avere un ruolo negativo nei confronti del benessere è il multitasking. L’utente può svolgere contemporaneamente attività multiple con obiettivi diversi mentre usa i social, per esempio, usa i social mentre studia, lavora o guarda un film, e/o porta avanti nei social conversazioni e consultazioni multiple in parallelo. Un’analisi di nove studi sul social media multitasking e il benessere (Xu et al. 2022) ha mostrato come la maggioranza di essi (sei) riporti conclusioni negative in merito al benessere, mentre i rimanenti tre riportino conclusioni miste o nulle. Alcuni effetti del social media multitasking sono intuibili: per esempio usare un social mentre si guarda uno spettacolo televisivo riduce le emozioni indotte dallo spettacolo e il godimento dello spettacolo stesso (Park et al. 2019).

Altri risultati sono invece più complessi. Per esempio una ricerca statunitense (Brooks 2015) ha consentito a gruppi di studenti universitari di usare i social mentre svolgevano un esercizio in classe al computer, misurando attraverso un software quanto usavano i social in parallelo al compito. I risultati hanno mostrato che l’uso dei social durante il compito scolastico non solo riduceva la performance dello studente nel compito ma anche, meno prevedibilmente, riduceva il livello di felicità dello studente, misurato immediatamente dopo il termine del compito. Il legame negativo tra social media multitasking e performance scolastica è stato studiato e confermato anche nel diverso contesto culturale cinese (Lau 2017). I risultati su performance e felicità suggeriscono che l’uso dei social media durante la propria attività lavorativa può avere un’influenza negativa sia professionale che personale.

Anche differenze demografiche possono giocare un ruolo. Un’analisi di trecentosessantasei studi sulle relazioni fra benessere e uso di strumenti digitali per la comunicazione interpersonale (principalmente i social) ha evidenziato un possibile ruolo dell’età dell’utente (High et al. 2023): gli studi sugli adolescenti tendevano più frequentemente a riportare associazioni negative con il benessere, mentre accadeva l’opposto con gli studi sulla popolazione anziana. Ciò potrebbe far pensare che il rapporto costi/benefici sia più favorevole quando le circostanze materiali rendono difficile mantenere una rete di relazioni faccia-a-faccia e quindi strumenti come i social aiutano la persona a preservare contatti con propri amici e conoscenti che altrimenti verrebbero persi. Ciò sottolinea nuovamente l’importanza di considerare il tipo di uso che si fa del social.

Un’osservazione generale sulle ricerche concernenti il benessere è che il termine è molto ampio e include diversi aspetti e sfaccettature. Di conseguenza, le variabili considerate dai ricercatori per quantificare il livello di benessere dell’utente variano, rendendo difficile confrontare risultati eterogenei provenienti da ricerche diverse. Un aspetto da sottolineare è che nel concetto di benessere ricadono sia gli aspetti emotivi trattati nel Capitolo 3, sia quelli più tipicamente psicopatologici, per esempio disturbi d’ansia o depressione. In particolare, molti studi hanno esplorato le possibili associazioni fra uso di social e sintomi depressivi. Una meta-analisi di una parte di essi (Yoon et al. 2019) ha confermato la correlazione, evidenziando come essa diventi più forte quando l’utente si dedica particolarmente al confronto sociale fra sé e gli altri utenti. La distinzione fra uso passivo e attivo emerge però come rilevante anche in questo tipo di ricerche; per esempio, uno studio su adulti statunitensi (Escobar-Viera et al. 2018) ha mostrato che a un incremento di uso passivo si associava un aumento di sintomi depressivi e accadeva invece l’opposto con l’uso attivo, mentre uno studio su adolescenti islandesi (Thorisdottir et al. 2019) ha evidenziato che l’uso passivo era in relazione con maggiore ansia e umore depresso e per l’uso attivo la relazione era, anche in questo caso, opposta.

Una meta-analisi (Shin et al. 2022) di centinaia di studi sulla possibile relazione fra il consumo di media online e sintomi depressivi ha evidenziato come tale relazione è piccola se si considera semplicisticamente il solo tempo d’uso, mentre diventa significativamente più grande se si considera il livello di dipendenza dell’utente dall’uso, e ciò vale per i social così come per altri media online (uso di Internet, uso di videogiochi online). Inoltre, vengono individuati fattori che possono giocare un ruolo nel contribuire ai sintomi, in particolare il fatto che alcuni utenti che usano molto i social riducono la quantità di tempo dedicata al sonno e all’esercizio fisico e/o allo stare assieme ad amici e parenti oppure che attraverso i social si trovano a essere più frequentemente vittime di atti di bullismo. Vale però la pena ricordare che i risultati di studi associativi non implicano una relazione unidirezionale: potrebbe essere che la dipendenza da social conduca alla depressione ma anche che la depressione conduca a un uso dipendente dei social. L’importanza dell’aspetto dipendenza è confermata da uno studio (Lee et al. 2023) nel quale lo stato di depressione dei partecipanti è stato certificato con diagnosi clinica e gli utenti sono stati esami- nati due volte a distanza di sei mesi: il livello di dipendenza verso il social prediceva la gravità dello stato depressivo sia presente che futuro.

 

Tratto da “Le illusioni dei social media” (Mimesis Edizioni) di Luca Chittaro e Giuliano Castigliego, pp. 366, 26,60€

 
Pubblicato : 9 Agosto 2024 04:45