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I GoGo Penguin sono molto più dei «Radiohead del british jazz»

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(@giovanna-castelli)
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Diligente, il pubblico alla Hall de La Villette segue la musica come ipnotizzato. C’è chi tiene il tempo tamburellando le dita sul velluto delle poltroncine, chi segue entusiasta inclinando la testa su e giù, e chi, come incantato, resta fermo impalato ad ascoltare. Ci si lascia trasportare dalle contaminazioni di contrabbasso, batteria e tastiere in una dimensione ovattata, fatta di ritmi classici, ariosi. Inevitabili rimandi all’elettronica e al jazz si fondono l’uno con l’altro senza che ce ne rendiamo conto. 

Sul palcoscenico si sussegue uno scenografico gioco di luci rosse, blu, verde smeraldo, sembra di stare in un videogioco. Lo scorso settembre i GoGo Penguin hanno partecipato al festival Jazz à la Villette di Parigi. Il 18 ottobre lo spettacolo si ripeterà all’Alcatraz di Milano in occasione di JAZZMI, per promuovere “Everything Is Going to Be OK”, il loro sesto album. 

È una tournée che segna il debutto del batterista Jon Scott, che raggiunge Chris Illingworth al pianoforte e Nick Blacka al contrabbasso in una nuova formazione per il trio di Manchester, più riuscita che mai. C’è chi in passato li ha definiti i «Radiohead del british jazz», oggi GoGo Penguin continuano a colorare ogni performance live con forti componenti di improvvisazione e innovazione. 

Chris Illingworth, uno dei membri fondatori, ripercorre la storia della sua band e ci racconta di come gli piaccia pensare che ognuno possa riappropriarsi di un pezzo di GoGo Penguin a modo suo, per soffrire, fare sport o semplicemente far passare il tempo. Incontro alla riscoperta di una musica anti-elitista, che si proclama accessibile a tutti.
Classica, electro jazz, electro acoustic, jazz, post rock e chi più ne ha più ne metta. 

La vostra musica fonde molti stili musicali. È difficile definirla con una sola parola, eppure è immediatamente riconoscibile. Come la descriveresti a qualcuno che non l’ha mai ascoltata?

È un fenomeno relativamente moderno, negli ultimi tempi sono molti gli artisti che producono musica alternativa che difficilmente si incasella in un solo genere musicale. Quello che cerchiamo di fare è esprimerci liberamente, pensare con le nostre teste spingendoci oltre i confini della musica convenzionale. Personalmente, ho un background classico ma quando avevo otto o nove anni ho iniziato ad appassionarmi alla musica che sentiva mia mamma: Led Zeppelin, Deep Purple, rock degli anni Sessanta e Settanta, elettronica, o musica più pesante come i Nine Inch Nails, i Massive Attack. 

Questi ascolti hanno contribuito a formare il musicista che sono oggi. Poi ci sono le influenze di Nick e Jon, gli altri membri di GoGo Penguin. È un po’ come in cucina, quando si prepara una ricetta: il risultato finale dipende sempre da come gli ingredienti sono stati cotti e assemblati; a seconda delle culture gli stessi elementi possono dare origine a composizioni diverse. Nel nostro processo creativo vogliamo evitare di subire limitazioni a meno che non siamo noi stessi a deciderlo. Componiamo una musica accessibile a tutte le età e categorie sociali, guai a renderla elitista o fruibile solo dagli addetti al settore. 

Raccontaci della vostra storia, come nascono i GoGo Penguin? 
Manchester è una piccola città molto interessante per la scena musicale. Tra musicisti ci si conosce tutti, è facile entrare in contatto con artisti che la pensano come te. La carriera da pianista classico solista non mi interessava, cercavo di accompagnare gli artisti che suonano altri strumenti partecipando a tante jam session. Nick e Jon invece hanno una formazione jazz. Abbiamo tutti un bagaglio di influenze che ci portiamo dietro dalla musica che ci piace oltre a quella che abbiamo studiato. Incontrare le persone giuste è spesso una questione di fortuna. Quando abbiamo iniziato con GoGo Penguin eravamo un gruppo di giovani musicisti che condividono gli stessi ideali. Volevamo servirci di tutto quello che abbiamo studiato come base per fare qualcosa di nuovo. All’epoca suonavo con Rob, il nostro ex batterista da qualche anno. Ricordo che quando Nick (al contrabbasso) si è unito a noi sin dalle prime prove tutto è sembrato giusto: insieme ci divertivamo. 

Credits Emily Dennison

Puoi ricordarci da dove viene il nome GoGo Penguin?
Il jazz era il mio modo di suonare il piano in una band e allontanarmi dall’universo classico, più rigido. Quando abbiamo iniziato eravamo il Chris Illingworth Trio, come vuole la tradizione jazz di chiamare un gruppo a partire dal nome di uno dei  musicisti. Nel 2011 il nome però non funzionava, il gruppo doveva rappresentare i tre componenti, ognuno portava il suo contributo in parti uguali, avevamo bisogno di una vera e propria band. Nella stanza in cui provavamo c’era un pupazzetto di mousse, papier maché e pelliccia che assomigliava a un pinguino. Non so da dove venisse ma ci ha dato l’idea di chiamarci GoGo Penguin, un nome un po’ eccentrico che ha avuto un buon riscontro da parte del pubblico. 

Alcune delle vostre melodie possono risultare oniriche. Qual è il ruolo dei sogni nelle vostre produzioni? 
A volte mi capita di fare dei sogni un po’ frustranti di quelli in cui al risveglio non ricordi la melodia che avevi sognato ma sai che una bella idea è evaporata. Quando scrivo, gironzolo per casa canticchiando melodie o pessime versioni di beatboxing, è il subconscio che mi guida senza che me ne renda conto, anche quando preparo la cena. Il bello dei GoGo Penguin è che accettiamo ogni genere di idee. Non ci preoccupiamo da dove venga la nostra ispirazione: se da un libro, un amico, altri musicisti, un’opera d’arte o un sogno. Per esempio Garden Dog Barbecue, tratta dall’album v2.0, è la prima traccia che ho scritto partendo da un sogno in cui suonavo con Nick e Rob (ex batterista) per un matrimonio o un evento importante in una foresta. 

Tutti al party erano in giacca e cravatta e portavano la maschera di un cane. Poi mi sono reso conto che c’era un barbecue e che i convitati si stavano cucinando a vicenda. Può sembrare un po’ macabro ma nel sogno c’era un’atmosfera surreale, da cartone animato. Ne è risultato un pezzo bizzarro che sorprende dalla prima all’ultima nota. Quando si fa musica questo genere di soffiate del nostro subconscio possono rivelarsi utili. In una band si impara a riconoscere i sentimenti di ognuno, ad anticipare il subconscio degli altri. 

Nella musica di GoGo Penguin si riscontrano influenze culturali letterarie e cinematografiche.
È vero, la letteratura permette di esplorare idee che non si potrebbero cogliere altrimenti, di spingersi in posti in cui non ci saremmo mai immaginati di andare. Con la musica succede qualcosa di simile, ma in un modo diverso, ancora più astratto. Le collaborazioni cinematografiche mi piacciono molto, è un processo creativo molto diverso rispetto a quando si scrive un album. Si deve pensare a ciò che il regista ha in mente di catturare in un preciso istante, quello che vuole esprimere tramite una determinata scena. Noi musicisti siamo come dei servitori che interpretano emozioni. 

Uno dei miei registi preferiti è Wes Anderson, un maestro nel trasporre musiche esistenti nella colonna sonora perfetta. Le sue soundtrack mi riportano indietro a quando eravamo piccoli e ci divertivamo a registrare complilation su audiocassette prestando particolare attenzione all’ordine delle tracce. Ha uno stile unico e riconoscibile in cui le musiche giocano un ruolo protagonista. L’ultimo film a cui abbiamo lavorato è «Une année difficile» di Eric Toledano e Olivier Nakache, in uscita il prossimo mese. Anche i videogiochi mi ispirano, aiutano a mantenere il giusto equilibrio quando c’è qualcosa che non va nella vita di tutti i giorni. Trovo fantastico che qualcuno abbia scritto musiche di accompagnamento che possano reagire all’evoluzione del gioco come in What remains of Edith Finch. 

Il vostro sesto album, “Everything is Going To Be OK”, dà il benvenuto a Jon Scott alla batteria. Cosa ne pensi di questa nuova formazione? 
Mi sembra che Jon faccia parte della band da sempre. Accettare un nuovo membro nella propria band è sempre una scommessa: può andare bene o male. La prima volta che abbiamo sognato insieme è andato tutto liscio. Jon è un batterista fantastico, pronto a percorrere le vie musicali che ci siamo prefissi. Ha fatto un lavoro tremendo per integrarsi e i risultati si vedono. Siamo diventati un bel team di cui fanno parte anche l’etichetta discografica, i manager, mia moglie che si occupa dei contenuti digitali e tanta altra gente. 

Avete dichiarato che quest’ultimo album si è rivelato quasi terapeutico, vi ha aiutati a superare diversi momenti difficili. Eppure ascoltandolo alcune melodie sembrano allegre, gioiose…
È vero, “Everything Is Going to Be OK” parla della tristezza del lutto ma anche della gioia della nascita. La pandemia ha messo tutto in stand by per due anni. C’erano parecchie situazioni negative da gestire ma, come spesso accade nella vita, i momenti difficili sono controbilanciati da avvenimenti più lieti, come la nascita di mio figlio, avvenuta poco prima del lockdown. Se non fosse stato per la pandemia probabilmente sarei partito in tournée e mi sarei perso molti momenti in sua compagnia. Ancora oggi il solo pensiero di questa piccola creaturina che cresce mi fa sorridere. Ecco, l’album esprime tutto ciò che abbiamo vissuto in quei momenti. Volevamo essere onesti nell’instaurare un vero rapporto con il pubblico che in quei mesi è stato scosso da altrettanti momenti traballanti. 

Cosa dovremmo ascoltare questo autunno?
Trovo i beat di Clap Clap molto interessanti. Ultimamente sono preso anche da Baby We’re Ascending, l’ultimo album di Haai, un’artista australiana che fa un’elettronica un po’ folle. E poi c’è la musica di Ryuichi Sakamoto, quando lo ascolti hai l’impressione di sentire quello che pensava in qualità di musicista mentre interpretava i pezzi, è un impatto diretto. 

La playlist di GoGo Penguin per Linkiesta Etc
–oMo (Man) – Daudi Matsiko
–People On Sunday – Domenique Dumont
–We Share Our Mothers’ Health – The Knife
–zin2 test5 – Aphex Twin
–Objekt – JakoJako
–And They All Look Broken Hearted – Four Tet
–Bodies Of Water – HAAi
–Love Your Grace – Vega Trails
–Unter (Machinefabriek Remix) – Nils Frahm
–Hibernal – Nightports w/Tom Herbert
–Futile Devices (Doveman Remix) – Sufjan Stevens
–Birds That Fly (Rival Consoles Remix) – Kidnap
–Open The Floodgates – The Smile
–Aoneko no Torso – Ryuichi Sakamoto

 
Pubblicato : 14 Ottobre 2023 04:45
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