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Cinque esperienze che sarebbero piaciute alla protagonista di Poor Things

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(@massimiliano-sortino)
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Una donna, ripresa di spalle, si getta nel vuoto. Muore e poi rinasce. Inizia così “Poor Things”, in Italia “Povere Creature!”, il film di Yorgos Lanthimos che dopo aver vinto il Leone d’oro a Venezia e ben cinque Bafta, sembra essere sempre più vicino all’Oscar. Il vuoto in cui si lancia la donna nella prima scena della pellicola è l’ignoto dal quale sono attratte le persone curiose, quelle che non si accontentano di quello che hanno già, ma cercano sempre nuove esperienze. Il senso della scoperta domina infatti questo racconto per immagini tratto dal romanzo omonimo dello scrittore di fantascienza scozzese Alasdair Gray, partorito dalla mente del suo creatore tra guizzi di genio, battute sagaci e una voglia di esplorare che aleggia dall’inizio alla fine.  

Attraverso un’estetica precisa, tra bianco e nero e colori patinati, “Poor Things” trasmette la voglia irrefrenabile di uscire dalla propria comfort zone. Se il regista greco ci aveva abituato in passato a personaggi alienati, a metà tra vittime e carnefici, a rapporti di potere effimeri e amori volatili e ancora a perversioni intellettuali e linguistiche, con questa opera, a tratti bislacca, ambientata in un Ottocento retro-futurista, in una terra di mezzo sospesa tra un presente incerto e un futuro in fieri, sovverte ogni certezza per presentarci una creatura dominata da una curiosità quasi famelica verso tutto ciò che non conosce. 

E poco importa che l’ignoto, in quanto tale, sia sconosciuto e sia una fusione di male e di bene, di dolore e di gioia, di desiderio e di perversione. Bella, questo il nome della protagonista interpretata da Emma Stone, è una giovane e bellissima creatura che si comporta come una bambina o, per citare uno dei personaggi, come «una ritardata molto carina» circondata dagli esperimenti del visionario medico che l’ha creata: mostruosi animali da cortile, ibridi cani-oca, maiali-gallina e oche-cane. 

Ph. Atsushi Nishijima

I mostri ci sono, ma qui non sono le creature, ma i creatori come Godwin Baxter (Willem Dafoe), chirurgo dal volto deforme che si fa chiamare semplicemente God, cioè Dio. God cresce la sua deliziosa creatura con l’amore di un padre, a volte un po’ padrone, almeno fino a quando la povera Bella esaurite le bizze, gli stupori infantili, i capricci e i pianti della prima parte, forse la più divertente, non diventa adulta a velocità supersonica e va incontro ai mostri veri, quelli che abitano il mondo. 

Bella impara a camminare, prima rigida come una marionetta, poi sempre più spedita e ovviamente a parlare. Nata infatti dal corpo di una lady suicida che fugge da un marito violento, e dal cervello del figlio che porta in grembo, Bella esercita il potere, crudele e quasi irresistibile per un bambino, di togliere la vita ad animali indifesi. Piange e sbraita quando le si nega un gelato, fa dispetti, rompe oggetti, provette e infine infierisce col bisturi sui cadaveri del laboratorio con un infantile sadismo. Ma poi cresce e scopre di potersi dare piacere da sola. 

Viene attratta dalle carte geografiche, con tutti quei nomi sconosciuti, misteriosi e seducenti e infine parte per scoprire il mondo. Bella decide di scappare a Lisbona, con un avvocato donnaiolo interpretato da Mark Ruffalo perché non può resistere al richiamo dell’avventura tanto desiderata. In nome della libertà, come in un romanzo picaresco, la protagonista di “Poor Things” vivrà tante avventure: visiterà Alessandria d’Egitto, attraverserà i sette mari su un lussuoso veliero e poi vivrà a Parigi per fare poi ritorno a Londra e chiudere con il passato. Ad ogni tappa di questo viaggio interiore, Bella diventerà sempre più indipendente, si farà nuovi amici e abbandonerà legami inutili, venderà il proprio corpo per rimanere fedele alla sua anima, scoprirà l’ingiustizia di classe, la letteratura, la filosofia, il socialismo di Marx e l’ambivalenza del denaro. 

Ph. Atsushi Nishijima

Se ci fosse dunque una sola parola per riassumere tutta la pellicola questa sarebbe sicuramente destabilizzante, perché evoca esattamente la sensazione che si prova quando abbandoniamo le nostre certezze per tuffarci in qualcosa di nuovo e sconosciuto. Le esperienze, del resto, anche quelle più inaspettate, insolite e bizzarre, ci permettono di trasformarci. La cultura e i libri ci permettono di viaggiare, anche solo con la mente, verso luoghi sconosciuti. L’avventurarci verso l’ignoto ci consente di conoscere qualcosa a noi prima sconosciuto e di mutare. O semplicemente di cambiare gusti e opinioni. Un po’ come l’aringa che Bella trova disgustosa in una delle prime scene del film e buonissima verso la fine. Del resto, il gusto si sviluppa attraverso la pratica, la sperimentazione e a volte anche l’errore.

Ispirati a “Poor Things”, alle sue scenografie e alle città che ne fanno da cornice, ma soprattutto alle esperienze scaturite dall’incontro tra la protagonista e questi luoghi magici, abbiamo scelto cinque tappe, quattro reali e una molto particolare che sarebbero sicuramente piaciute all’inquieta Bella desiderosa di imparare, affamata di conoscenza e libera dai pregiudizi del suo tempo.

Old Operating Theatre Museum, la più antica sala operatoria d’Europa (Courtesy of Old Operating Theatre Museum)

Si parte da Londra e dall’Old Operating Theatre Museum, la più antica sala operatoria d’Europa. In St. Thomas Street, nel quartiere di Southwark, all’ultimo piano della chiesa dell’antico ospedale di St Thomas, risalente al XVI secolo, è possibile ripercorrere la storia della medicina e della chirurgia nell’epoca vittoriana. L’originale Herb Garret, l’erboristeria, un tempo utilizzata per essiccare e conservare le erbe che servivano per i medicinali, è stata convertita nel 1800 in una sala operatoria. 

Lo spazio nei secoli è rimasto intatto: una struttura in legno semicircolare con al centro una tavola rudimentale per le operazioni chirurgiche. Circondata da gradinate per permettere agli studenti di medicina e chirurgia di assistere alle operazioni, venne poi chiusa nel 1862, quando l’ospedale fu trasferito nel quartiere di Lambeth. Riaperta e convertita in museo solo nel 1957, oggi oltre alla sala operatoria, si possono ammirare anche strumenti chirurgici, vecchie ampolle contenenti medicinali e modelli anatomici in cera.

Courtesy of Palácio Chiado

Seconda tappa: Lisbona. Nella capitale portoghese, al numero 70 di Rua do Alacrim, c’è Palacio Chiado, un antico palazzo nobiliare risalente al 1700 convertito in ristorante. Tra affreschi antichi del XVIII secolo riportati al loro originale splendore e opere d’arte moderna è possibile rivivere almeno per una sera lo spirito spensierato e un po’ decadente della Lisbona dei primi dell’Ottocento.

Se invece volete vivere un’esperienza unica come una crociera su un antico veliero Royal Clipper, nave a vele quadre con cinque alberi maestri, vi offrirà il comfort e l’eleganza della navigazione a vela d’antan. Gli interni del veliero, replica dell’antico Preussen, la più grande barca a vela al mondo varata a inizio Novecento, sono stati progettati dal designer Donald Starkey e rappresentano una sintesi tra lo stile edoardiano e gli stilemi dell’old navy style. Molti gli itinerari proposti: dal Mediterraneo occidentale al canale di Panama, dalle traversate oceaniche al Mar dei Caraibi.

A Parigi, invece, al numero 10 di Rue de Bruxelles c’è un’antica casa del piacere in stile Belle Époque che è stata trasformata nel più piccolo albergo a cinque stelle del mondo. La Maison Souquet, a pochi passi dal Moulin Rouge e da Montmartre, nel quartiere parigino di Pigalle, una volta considerato a luci rosse, nascosto dietro la sontuosa facciata di un palazzo di cui era proprietario il Duca d’Orleans, oggi è un hotel suggestivo dotato di venti stanze ognuna dedicata a una cortigiana famosa. Un piccolo gioiello nel cuore della città in cui l’atmosfera esotica, misteriosa e sensuale delle case chiuse di inizio secolo rivive grazie a velluti francesi, stoffe cinesi e arredi orientali da Mille e una notte.

Courtesy of Maison Souquet

Ultima tappa non è né un ristorante, né un hotel. Non è un viaggio né un museo, ma una vera e propria esperienza ispirata alla passione di Bella Baxter per i libri. Qui però non vogliamo parlare di tomi, volumi e manuali, ma di persone. The Human Library Organization è una biblioteca umana intesa come uno spazio in cui anziché sfogliare volumi di narrativa, si leggono libri viventi: persone che raccontano la propria storia. Ideato più di vent’anni fa in Danimarca il progetto si è diffuso in più di ottanta Paesi, tra cui anche l’Italia. 

I lettori hanno la possibilità di scegliere il catalogo, in continuo aggiornamento, e concedersi un incontro di mezz’ora in cui mettersi nei panni dell’altro. Un confronto a livello umano in cui si abbattono stereotipi, si avvicinano culture e generazioni lontane e si favorisce l’inclusione, il dialogo e l’ascolto. Il consiglio che vi avrebbe dato Bella Baxter? Non giudicare mai un libro dalla copertina.

 
Pubblicato : 22 Febbraio 2024 05:45